Introduzione di Giorgio Agamben
Con una nota di Andrea Cavalletti
Il saggio che qui pubblichiamo per la prima volta in volume, occupa sicuramente un posto privilegiato nell’opera di Furio Jesi. Vera e propria cellula originaria, e, insieme, sorta di talismano cui Jesi affida i propri “pensieri segreti”, esso stringe attorno al testo poetico rimbaudiano quelli che saranno i concetti fondamentali dell’officina del grande mitologo: il nesso tra opera letteraria e prassi politica svolto nell’opposizione di rivolta (evento che sospende il tempo storico) e di rivoluzione (complesso di azioni volte a cambiare una situazione nel tempo); l’identificazione di una formula mitica della modernità nella nozione complessa di luogo comune, e la riflessione sullo statuto di merce della creazione; poi, soprattutto, il contributo decisivo di Jesi alla scienza del mito, la definizione della macchina mitologica come ordigno innescato da una non-esistenza (qual è propriamente il mito), che, proprio per questo, irretisce gli uomini in false alternative dalle quali non c’è via d’uscita. Ma, in queste pagine densissime, in cui il pensiero di Jesi sembra urtarsi al proprio limite estremo, sembra anche aprirsi per un istante un varco al di là della macchina e delle sue aporie.
Furio Jesi (1941-1980) è stato storico delle religioni, germanista e traduttore. Tra le sue opere ricordiamo Germania segreta. Miti nella cultura tedesca del ’900 (1967, 2018); Spartakus. Simbologia della rivolta (2000, 2022); Letteratura e mito (1968, 2002); Cultura di destra (1979, 2011); Il tempo della festa (2013). Presso Quodlibet sono usciti Lettura del «Bateau ivre» di Rimbaud (1996), il carteggio con Károly Kerényi, Demone e mito (1999), Esoterismo e linguaggio mitologico. Studi su Rainer Maria Rilke (2002, 2020) e Mito (2023).