Recensioni / Un classico alcolico

Questo poema ferroviario, di cui la traduzione ci restituisce la freschezza linguistica, è un classico della letteratura russa del secolo scorso. Non un classico come ci si può aspettare, fatto di misura ed elevatezza. Anzi. Si tratta piuttosto di un viaggio alcolico di bassa materialità, tra visioni, sproloqui, frammenti di narrazioni che non si sa bene dove conducano. Ci si possono trovare dialoghi con messaggeri angelici, ricette di cocktail a base di vernice, lacca e olioperfreni. Anche la sua circolazione non ha nulla di tradizionale: quando uscì nel 1973 circolò clandestinamente ciclostilato, per veder la luce ufficialmente solo nel 1990 quando l'Unione Sovietica e i suoi fondali di cartapesta della fase terminale non c'erano già più. Del resto il libro di Erofeev di quella dissoluzione non era nient'altra che una capitale anticipazione.

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