"A Milano ci sono per caso [.. .] ma non sono i ladri della stazione che
non capisco. Sono tutti gli altri". Per poco e per caso, così scorre la
vita del Bassomondo, un luogo che non ha una collocazione spaziale, ma
che somiglia più a una sensazione, a un filtro grigio fumo sul paesaggio
urbano e sull'animo umano che circondano ognuno di noi.
Questo lo scenario in cui si muovono i protagonisti di "La valle dei
ladri", di Ermanno Cavazzoni. L'ultima fatica dello scrittore reggiano,
nelle librerie da qualche mese, è una riedizione di "Cirenaica",
fortunato romanzo già uscito nel 1999, che per questa sua nuova edizione
è stato rivisto e modificato dall'autore, a partire dal titolo. La
narrazione prende le mosse dall'arrivo del protagonista alla stazione
del Basso mondo, una città senza una collocazione precisa, che vive
stancamente e svogliatamente il suo sfacelo, tra palazzi cadenti, vicoli
dimenticati e senza alcuna prospettiva futura. Anche il paesaggio umano
che popola le vie del Bassomondo è completamente disgregato, diviso,
con rapporti mediati solamente dalla malafede e dalla speranza di un
misero profitto, quando non dalla semplice volontà di ammazzare il tempo
e allontanare il vuoto che opprime gli abitanti del Bassomondo. È un
mondo popolato da sindaci che si autoproclamano tali, di falsi ministri,
di finti parenti e di amicizie simulate e momentanee, che durano finché
non si è spogliato di tutti i pochi beni che posseggono i malcapitati
giunti per sbaglio o per sfortuna nel Bassomondo. Tutti, inevitabilmente
vengono trascinati nella spirale di miseria, malaffare e tradimento che
dominano i rapporti sociali, in una continua battaglia per la
sopravvivenza che annichilisce l' animo di donne e uomini, strappandogli
volontà e speranze. Il finale, nonostante una parziale apertura, che
potrebbe costituire una sorta di liberazione, in realtà serve a
trasportare il Bassomondo nella quotidianità del reale, a mostrare il
suo legame indissolubile con le vite, le fughe, le speranze e le false
illusioni di tutti noi.