Recensioni / Herzog

Sembrava che venissefuori dal mondo di Aki Kaurismaki a sentirei suoi racconti, invece Maurizio Salabelle era un singolarissimo scrittore italiano. Capace di apparecchiare storie assurde senza mai smarrire la trama. Riusciva a rendere credibile qualunque situazione anche la più surreale. Aveva una lingua che fischiava, e una ironia di una eleganza altissima. Lavorava sul quotidiano, avvitandolo alla fantasia, con una delicatezza incredibile. La sua forza stava tutta nel sovvertire quello dieci appartiene, nel 'iscriverlo nella grammatica dell'assurdo, come in America fa Ben Marcus, senza mai perdere di vista la realtà. È un gioco di equilibrio, prima ancora di camminare nel vuoto di una letteratura dell'inedito, c'è una costruzione fortissima che richiede una impalcatura di pensieri al rovescio, una solida filosofia del contrario. Dopo anni, viene pubblicato il suo primo romanzo: «La famiglia che perse tempo» (Quodlibet), e persino la storia del libro -la racconta Ermanno Cavazzoni- sembra appartenere all'altro tempo, quello del mondo di Salabelle.