Recensioni / I più strani del reame

Un principato su una piattaforma, un regno su un'isola caraibica, una repubblica in terra di Francia: giro del mondo delle micronazioni e dei loro eccentrici capi di Stato di Luciana Grosso.

Ci sono quelle nate per un errore storico, come l'italiana Seborga, in Liguria, che deve la sua esistenza alla mancata trascrizione di un atto di compravendita di un angolo di terra, rimasto così senza padrone. C'è Sealand, nato per il sogno romantico e hippie di Paddy Roy Bates, avventuriero inglese che volle togliersi lo sfizio di incoronare sua moglie creando un principato su una piattaforma artificiale davanti all'Inghilterra (tra i titolari di un passaporto di Sealand c'era anche il killer Andrew Cunanan, accusato dell'assassinio di Gianni Versace). C'è una repubblica che occupa il quartiere di una città, quello del porto di Annapolis nel Maryland: i commercianti, ritenendo che i loro interessi non fossero tutelati dall'amministrazione locale, proclamarono uno Stato autonomo. Sono in Francia, invece, sia il Consolato di La Boirie (creato da tre amici nel 2006) che la Repubblica di Saugeais, fondata nel 1947 e composta da 11 comuni (con lingua autonoma: il saugette, parlato ormai solo dagli anziani). E ancora: il regno gaelico di Oilean Thoraigh in Irlanda, quello di Elleore al largo della Danimarca o quello di Redonda, isola disabitata delle Antille il cui ultimo re proclamato è stato lo scrittore Xavier Marias.

Le micronazioni sono tante e spesso assurde. E seguono un copione comune: un cocciuto sognatore deciso a inseguire un'utopia, per poter tracciare un improvvisato confine per terra e concedersi il piacere di dire: «Qui lo Stato sono io». Le storie di queste piccoli Stati sono state prima fotografate da Leo Delafontaine e raccolte in Micronations (da cui sono tratte le foto in alto), poi catalogate con aneddoti e coordinate geografiche in un Atlante delle Micronazioni, pubblicato da Graziano Graziarli per l'editore Quodlibet. «Le micronazioni», precisa l'autore, «sono una cosa diversa rispetto a secessioni come quelle del Somaliland o della Transnistria, perché nel primo caso non ci sono popoli che cercano un'autodeterminazione. Niente geopolitica, spesso le motivazioni sono di una sola natura: eccentrica».

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