Recensioni / Con Il pataffio torna il Malerba più attuale

Ritorna in libreria uno degli scrittori più vivaci e geniali dell’Italia degli ultimi anni, scomparso a Roma nel 2008 e nato a Parma nel 1927: Luigi Malerba, del quale Quodlibet ha ristampato il romanzo più raffinatamente umoristico e più mordacemente attuale, Il pataffio (pp. 268, euro 15), pubblicato per la prima volta da Bompiani nel 1978.

Il libro è ambientato in un Medioevo che ricorda per tanti versi il mondo di oggi. Miseria e arretratezza culturale e umana affliggono la disperata banda di soldati al seguito del marconte (vocabolo pur esso comico, che sta per marchese e conte) Berlocchio e della sua grassa e sgraziata consorte Bernarda, figlia del re di Montecacchione. I due coniugi sono alla ricerca del castello di Tripalle di cui, per una intuibile anomalia anatomica, ha dato la signoria feudale a Berlocchio il padre della moglie.

Malerba, in una lingua che sta a metà fra l’italiano popolare, il dialetto romanesco e il latino maccheronico, traccia un quadro del cattolicissimo Medioevo ben diverso da quello dei libri di storia: Berlocchio non riconosce altro valore a cui ispirarsi che sia superiore alla perenne ingordigia del riempire la propria pancia affamata e l’amore... beh, l’amore non è che sesso sfrenato con le giovanotte di turno del suo feudo di Tripalle al punto da giungere infine a ordinare una cottura in pentola della grassa e succulenta Bernarda.

Certo, Il pataffio è opera ai limiti del paradosso e del surreale, ma questa società medievale così impietosa e malavitosa è più realistica e attuale di quanto si pensi. E il romanzo gustosissimo e conturbante di Malerba si concluderà con il disperato suicidio del marconte, privato dei suoi eccezionali attributi sessuali, e con la rivincita del disoccupato Migone, portabandiera e speranza dei contadini «onestissimi».