Recensioni / Il capello miracoloso di Maradona e altre reliquie assurde

La prima volta che ne ho incontrata una, non sapevo cosa fosse una reliquia. Avevo otto anni e stavo giocando a Age of Empires II, dove—come del resto conferma anche la guida WikiHow per "raggiungere il Boom Economico in Age of Empires 2"—le reliquie sono importanti perché generano un'unità d'oro ogni due secondi e se le possiedi tutte ti attivano un conto alla rovescia per vincere la partita.

Nella tradizione cristiana, invece, il termine reliquia identifica "i resti mortali del corpo dei martiri della fede, gli strumenti del loro martirio e quelli della passione di Gesù, o il corpo di un santo." Tuttavia, accanto a quelle sacre, vi è un altro genere di reliquie "profane"—parti del corpo appartenute a personaggi storici che, anche se nascono come celebrazioni della razionalità, spesso finiscono per diventare oggetti di culto proprio come le reliquie religiose.

Tra gli esempi celebri ci sono il dito medio di Galileo, strappato dal cadavere durante una riesumazione e oggi conservato in un museo di Firenze, o il pene di Napoleone, che a quanto pare misurerebbe tra i 4,5 e i 6,5 centimetri e che dopo essere stato trafugato dal medico che eseguì l'autopsia è stato protagonista di una specie di odissea tra collezionisti, feticisti e aste fino a finire negli anni Settanta nelle mani di un urologo americano che possedeva anche la camicia macchiata di sangue di Lincoln e la capsula di cianuro usata da Göring per suicidarsi. Un caso particolare è poi quello del cervello e del sangue di Mussolini, che nel 2009 sarebbero stati trafugati e messi in vendita su eBay a 15mila euro.

In questi giorni è uscito per Quodlibet Ossa, cervelli, mummie e capelli, un libro che racconta le storie di alcune di queste e altre reliquie profane—dai capelli di Beethoven alla mummia di Lenin. Ho chiamato l'autore, Antonio Castronuovo, per parlare di come la celebrità sia diventata una nuova forma di santità e di nuove tecniche di conservazione dei cadaveri che ci permetteranno di diventare le reliquie di noi stessi.

VICE: Ciao Antonio. Da dove arriva il tuo interesse per l'argomento e come mai hai deciso di scrivere questo libro? Antonio Castronuovo: A colpirmi sono stati prima di tutto i tragitti di queste "reliquie laiche" che in alcuni casi sono andate avanti e indietro tra un istituto e l'altro e tra un ladro e l'altro prima di trovare pace da qualche parte. È questo che ho voluto raccontare nel libro, con i dieci racconti che lo compongono, più che i reperti in sé—altrimenti sarebbe stato un po' macabro.

Direi che il punto di partenza da cui è nato il libro è un episodio che mi è rimasto impresso quando ho visitato il Museo di Anatomia di Torino. All'ingresso del museo c'è questo scheletro che guarda i suoi stessi piedi, e tra i suoi piedi c'è un cervello dentro una campana di vetro. È lo scheletro di Carlo Giacomini, fondatore del Museo: nel suo testamento, questo Carlo Giacomini aveva chiesto di essere conservato nel museo da lui fondato e di mettergli il cervello tra i piedi dopo averlo trattato con un metodo di conservazione da lui inventato. Ne è nata questa scenetta curiosa, che mi ha impressionato molto perché l'ho trovata sublime: lo scheletro di questo tale che guarda il suo cervello, conservato con un metodo da lui inventato, dentro un istituto da lui fondato. Sono partito dalla storia di Giacomini e poi sono arrivato al resto, anche perché molte delle storie che ho raccontato le conoscevo già.

A parte casi particolari come quello di Giacomini, come nasce di solito una reliquia profana? Credo che la spinta che porta alla nascita di una reliquia profana—questa è una mia idea, ma non ho studiato la cosa dal punto di vista sociologico o psicologico—sia abbastanza simile a quella che produce le reliquie sacre. C'è lo stesso elemento di devozione e feticismo—le similitudini sono molte e molto marcate.

Oltretutto accadono anche incidenti simili: così come delle reliquie sacre abbiamo molti doppioni—per esempio abbiamo tre gambe sinistre di Santa Caterina e dieci prepuzi di Gesù Cristo—lo stesso vale per le reliquie profane. Il cranio del filosofo Cartesio oggi si trova a Parigi insieme ai resti del suo scheletro, ma c'è anche un altro cranio attribuito a Cartesio nel Museo di Storia di Lund, in Svezia. Ovviamente, se ragioniamo in maniera laica, dobbiamo concludere che uno dei due sia fasullo.

Che differenza c'è tra queste reliquie e quelle sacre? Mentre una reliquia religiosa diventa praticamente sempre un oggetto di venerazione, lo stesso non vale per quelle profane. Ovviamente ci sono delle eccezioni, come il caso della mummia di Lenin, dove c'è veramente un grande feticismo devozionale per la figura, per quello che ha fatto e quello che rappresenta, e infatti attorno al corpo scorrono ogni giorno migliaia di turisti.

In altri casi, però, questa spinta alla devozione religiosa è del tutto assente e viene sostituita da un'altra spinta altrettanto potente, quella al collezionismo. Nel libro parlo di quello che hanno fatto i collezionisti per entrare in possesso di una ciocca di capelli di Beethoven: se ci pensi la frenesia di possedere del collezionista possiamo vederla come una forma laica di devozione. Quindi direi che ci sono similitudini tra i due mondi, ma anche una differenza netta che è appunto la differenza che ci può essere tra sacralità e mero collezionismo.

Uno tende a voler possedere una reliquia perché porta dei benefici. Anche per le reliquie profane c'è questo aspetto? Sì, anche se non c'è la dimensione del santo. Però, tornando alla mummia di Lenin: è un corpo intero—non si sa fino a che punto intero, perché alcune parti potrebbero essere state sostituite da cera o altro—e se uno va a visitarla si rende conto che è circondata da un'aura quasi sacrale. C'è un avvicinamento al mondo del sacro, insomma.

In genere, che caratteristiche deve avere un personaggio per produrre delle reliquie? In tutti i casi—o in quasi tutti—la caratteristica fondamentale è la celebrità. Se al momento dell'autopsia o di una riesumazione della salma ne vengono sottratti dei pezzi è perché si tratta di un personaggio celebre, che ha fatto qualcosa di molto rilevante in vita—da qualsiasi punto di vista, artistico e non. Quel becchino che ha messo un filo di ferro attorno al collo di Mozart quando l'ha seppellito l'ha fatto per ammirazione nei confronti di quella salma.

Lo stesso vale per il dito medio di Galileo: quando 100 anni dopo la morte il suo corpo è stato riesumato per traslarlo all'interno della Basilica di Santa Croce a Firenze, diversi umanisti e scienziati hanno assistito e, trattandosi di persone perfettamente consapevoli di quello che Galileo aveva fatto per la scienza, si sono prese un pezzetto di Galileo in segno di rispetto per il personaggio.

Quindi alla base c'è il desiderio di partecipare alle qualità del personaggio a cui appartiene la reliquia? Probabilmente sì. Può darsi che in certi casi dietro alla decisione di prendere un pezzetto del corpo di una persona famosa ci sia la volontà di partecipare all'"aura" benefica emanata da quella persona.

In altri casi invece penso si tratti di semplice curiosità, come per l'anatomopatologo che durante l'autopsia ha rubato il cervello di Einstein. Si è trovato davanti il cervello di quello scienziato che ha fatto cose grandiose e ha deciso di rubarlo e di tenerselo. Dopo, però, ne ha regalato pezzetti a diversi scienziati in giro per il mondo e tutti hanno studiato quella materia cercando di capire se contenesse il segreto della genialità—curiosità quindi, anche se non è una curiosità solo materiale. Insomma, le ragioni possono essere molto diverse.

Nel caso di Lenin, per esempio, mi sembra ci sia più che altro la volontà da parte dei suoi successori di usare quella reliquia per ottenere legittimità. Esatto.

Ci sono casi di reliquie profane in cui l'aspetto "religioso" è particolarmente evidente? Sì, e direi che il più evidente è il caso del capello di Maradona. Questo l'episodio: un napoletano su un volo dall'Argentina all'Italia si ritrova seduto dietro a Maradona. Quando atterra prende la copertura del poggiatesta su cui aveva appoggiato al testa Maradona e se la porta a casa, dove scopre che sulla copertura è rimasto un capello del calciatore. Ecco, questo capello è stato messo dentro un reliquiario e oggi si trova esposto al bar Nilo di Napoli.

E fin qui tutto bene—il problema è che adesso una volta all'anno questo capello viene portato in processione. Insomma, esistono casi di eccessi come questo che sono un po' folcloristici e che anche se non sono propriamente sacri usano simboli e situazioni del sacro, come la processione. C'è proprio una vicinanza e quasi una sovrapposizione alla religione.

A parte il caso di Maradona, la maggior parte dei personaggi di cui parli del libro sono piuttosto antichi—Beethoven, Mozart, Galileo. Vuol dire che il presente offre meno possibilità di creare reliquie? No, non penso. L'ultimo capitolo del libro si occupa proprio di questo tema e della plastinazione, una tecnica di conservazione dei corpi che li rende indistruttibili, inventata dal patologo tedesco Gunther von Hagens. Mentre la mummia di Lenin dev'essere spennellata due volte alla settimana con glicerina e alcol se no va a male,con la plastinazione i corpi possono essere perfettamente conservati e diventano degli oggetti addirittura belli—tanto che il creatore del metodo ha fondato anche una mostra itinerante, Body Worlds.

L'istituto di von Hagens all'inizio ha dovuto affrontare molti problemi anche di natura legale, ma oggi è una vera e propria azienda in cui lavorano circa 200 persone e che riceve un sacco di donazioni. Quindi non è vero che il presente offre meno possibilità di creare reliquie, anzi: von Hagens ci offre addirittura la possibilità di diventare reliquie di noi stessi. L'unica cosa che viene richiesta è l'anonimato.

Il che però è in contraddizione con lo stesso concetto di reliquia, fortemente legato all'identità del personaggio a cui appartiene. Sì, c'è questa contraddizione. Ed è abbastanza curioso secondo me che il contrasto si giochi anche sulla possibilità di conservazione: mentre la reliquia vera rischia sempre di marcire e di diventare polvere, il corpo plastinato resterà nei secoli.

Quindi il paradosso è che ci sono reliquie che sono sempre meno delle reliquie nel vero senso della parola. È un po' analogo a quanto successo alla celebrità con la modernità: chiunque può averla per 15 minuti. L'anonimato dei corpi plastinati è l'evoluzione della reliquia: non c'è più il santo o la persona famosa di cui si conserva un pezzettino ma ci siamo tutti noi, anonimi, che veniamo conservati interi.

È un'evoluzione anche ovvia a mio parere: anche se naturalmente ci sono delle eccezioni—come il culto di padre Pio—per l'evolversi della società e per la crisi della religione e del sacro, la reliquia in sé è un fenomeno destinato a sparire. Per cui si potrebbe sintetizzare così: ora che possiamo diventare noi reliquie, non abbiamo più bisogno delle reliquie.

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