Recensioni / L'umorismo di Albani tra gaffe e strafalcioni

L'umorismo, chi lo avrebbe mai detto, è una cosa seria. Lo hanno preso sul serio Freud e Pirandello che gli hanno dedicato fior di saggi mentre Giambattista Vicari ha compilato addirittura una enciclopedia degli umoristi di tutto il mondo. C'è, però, umorismo e umorismo e quello che sicuramente fa più ridere di tutti è l'umorismo involontario e proprio a questo genere Paolo Albani, direttore della rivista «Techné» e cultore di bizzarrie letterarie, ha dedicato un curioso volume che si presenta al lettore con le parvenze del dizionario.
Albani ha consultato un copiosissimo materiale come si evince dalla bibliografia in fondo al volume che elenca più di duecento titoli sull'argomento. E ce n'è per tutti i gusti. Sentite questa. Achille Campanile informa che sulla porta di un ufficio comunale si leggeva questa scritta: «Decessi. Si prega attendere il proprio turno». E come no?

Ancora. Sapete che cos'è il «malapropismo»? È, spiega Albani, «un vocabolo deformato sul piano del significante per accostamento paretimologico a altre parole più o meno conosciute». Per esempio: «Siamo obesi (anziché oberati) di lavoro», oppure «ho preso un lapis (anziché lapsus)». C'è chi va in libreria armato di buone intenzioni ma con scarsa conoscenza dei prodotti che intende acquistare. Certi librai, ad esempio, si sono sentiti chiedere «Il risotto di Dorian Gray», «Sequestro un uomo» o «Personaggi in cerca d'untore». Ponson du Terrail, autore di Rocambole, non rileggeva quasi mai i suoi scritti sicché di tanto in tanto ci scappava un umorismo involontario: «egli passeggiava su e giù pel giardino con le mani dietro la schiena leggendo tranquillamente il giornale»! Miracoli della letteratura. Fonti di umorismo involontario sono i refusi. «Il sovrano stava ritto davanti al trono e il mento gli scendeva fino ai piedi». Ovviamente non si trattava del «mento» ma del «manto». Un libro divertente, dunque, questo di Paolo Albani, ma anche terribilmente serio. Una finestra spalancata su un mondo o, se preferite, uno specchio che riflette le nostre debolezze. In fondo, scrive Albani, «scagli la prima pietra chi non ha mai fatto una gaffe o non è mai scivolato metaforicamente su uno strafalcione...».