Recensioni / Almanacco 2016 della via Emilia

Dice Sandro Campani che la Via Emilia la presidiano di notte le puttane e di giorno le concessionarie d'auto. Che più che una strada è un confine. Che non divide destra e sinistra, ma sopra e sotto, da Rimini a Piacenza. Campani vive sull'Appennino tra Reggio Emilia e Modena, da casa sua si vedono le Alpi. In questo Almanacco 2016 sulla via Emilia il suo racconto è l'ottavo di venti, nove in più rispetto all'edizione di trent'anni fa, la prima, quella con dentro Gianni Celati, Italo Calvino, Tonino Guerra, cui seguiva un volume di foto di Luigi Ghirri. Dice Ermanno Cavazzoni, curatore del volumetto, che oggi la Via Emilia è poco più di un viottolo asfaltato che si snoda tra supermercati, centri commerciali, discoteche e paesini. E siccome, nota Marsibilio, porta in molti posti, ma da nessuna parte, non la usa quasi più nessuno. Anche le strade invecchiano. Soccombono alla competizione e la loro velocità s'inverte in lentezza. Anche delle strade si può avere nostalgia, come di tutte le cose in cui siamo di passaggio: dopotutto, di passaggio siamo noi stessi. Dice qualcosa di noi, di tutti quanti, allora, la Via Emilia? Paolo Nori racconta che quando gli hanno chiesto di partecipare all'Almanacco, gli è venuta in mente la storia di un cantantautore senegalese, che quando ebbe a raccontare Bologna ai suoi concittadini, disse che lì, ogni mattina, moltissime persone camminavano legate a un cane. E allora, spiega Nori, raccontare la Via Emilia serve a rendere visibile il visibile (questo fa l'arte, dice Agamben), a notare che vedere è assai differente dal riconoscere per abitudine. Quest'Almanacco non fa da guida, ma da atlante della Via Emilia per un terrone che non ha mai preso un treno ma pure per uno che vive a Finale Emilia, ci fa struggere di nostalgia per cose che nemmeno abbiamo vissuto, né visto. I padri che anziché consigliare vietavano, i bar dove i maschi diventavano uomini giocando a biliardo. La provincia dell'Emilia Paranoica, che in fondo sta ancora là, intatta, persino in salute, prova ne sono i suoi scrittori incompatibili col premio Strega degli inurbati, scrittori che a leggerli non si sente il telegiornale, bensì l'atmosfera del loro cervello (anche quando pensano solo "Vacca Boia!"). È l'Almanacco della Via Emilia, questo di Cavazzoni e dei suoi amici, ma è pure l'almanacco della letteratura italiana a chilometro zero, artigianale, curiosa più che ficcanaso, che non vuole servire a niente e se la vuole spassare. Le chicche sono le brevi biografie degli autori: c'è chi ha inventato l'unità del tempo inutile (il minutile), chi collabora con l'Accademia dei Nullisti, chi vive in una grande casa dotata di stufa, chi è modenese nell'aspetto. Nessun editorialista. Nessun oxfordiano.