Recensioni / Céline, sublime aguzzino degli editori. «Incapaci, non avrete il mio libro»

Meschino, volgare, ossessionato dai rendiconti. Un libro raccoglie le lettere di fuoco con cui lo scrittore mise alla frusta tutti coloro che pubblicarono i suoi romanzi: Robert Denoël, Pierre Monnier e perfino i Gallimard

Se c`è una cosa che colpisce di Louis-Ferdinand Céline è la sua capacità di essere sempre Céline. Nei romanzi, nelle interviste ai giornali, in quelle alla tv, nelle lettere, nei diari, nei racconti di amici, nemici, testimoni: non c’è mai un momento in cui il dottor Destouches cessi di essere quella che Benito Mussolini definirà «una bomba armata a rancore». Una testimonianza particolarmente efficace la si ha nel suo fenomenale epistolario con le case editrici appena pubblicato da Quodlibet (Lettere agli editori, a cura di Martina Cardelli, 256 pagine, 19,00 euro). Un piccolo trattato di célinismo applicato, tanto più rivelatore in quanto estratto da testi destinati a comunicazioni private. Le lettere raccolte vanno dal 1932, anno della pubblicazione del Voyage, al 1961, anno della morte di Céline.

Copione consolidato
Nel corso degli anni, le case editrici si alternano in un crescendo di cordialità presto increspate da perplessità e incomprensioni che poi diventano accuse, insulti, invettive. Non solo Céline è sempre Céline (ovvero eccessivo, provocatore, frenetico, spavaldo, irritante). Ma lo è fin da subito. Chiamato da Gallimard a descrivere il suo Viaggio al termine della notte, questo emerito sconosciuto descriveva il suo manoscritto come «un racconto romanzato, in una forma piuttosto singolare di cui non vedo molti esempi nella letteratura in generale. Non sono io che l’ho voluto così. È così e basta. È una specie di sinfonia letteraria, emotiva, più che un romanzo vero e proprio. Il vero scoglio, nei romanzi, è la noia. E questa cosa non credo sia noiosa». La prestigiosa casa editrice si accorgerà troppo tardi del valore del libro.

Il primo martire
Nel frattempo il belga Robert Denoël si era già aggiudicato il romanzo del secolo. L’epistolario tra Céline e Denoël è la testimonianza di un martirio, quello di un editore generoso (pubblicherà anche Mort à crédit e tutti i pamphlet, arrivando a scrivere una sua Apologie de Mort à crédit per difenderne l’autore) maltrattato sistematicamente e nel corso di anni da un autore geniale e intrattabile.
Il rapporto tra i due inizia con lettere di questo tenore: «Per carità non aggiunga una sola sillaba al testo senza avvertirmi! In un attimo farebbe crollare il ritmo – solo io posso ritrovarlo. Potrò sembrarle uno sprovveduto ma so perfettamente quello che voglio. Non una sillaba. E attenzione anche alla copertina» (ricordiamo che all’epoca Céline è ancora un perfetto signor nessuno). Di tanto in tanto, lo scrittore sente il bisogno di chiarire cose come questa: «Ho in odio tutto ciò che somiglia a intimità, amicizia, cameratismo ecc. È un aspetto della vita che mi disgusta. Su certe cose non si cambia. Mi consideri un eccellente investimento, nulla di più, nulla di meno».

Una spina nel fianco
Una volta arrivato il successo, comincia l’ossessione dei soldi e dei rendiconti. Il 3 luglio 1933 scrive: «Ho chiesto a Steel (ne sarà in grado) conti precisi (una rovina) alla data del 30 giugno. A giudicare dal ritmo con cui mi fate i conti mi chiedo se a breve non ci sarà la liquidazione della ditta Denoël e Steel! E che liquidazione! È ancora in tempo, un paio di giorni, mi raccomando riveda attentamente le sue giustificazioni immaginarie... e poi mi mandi un rendiconto esatto – 10 copie più 10 copie meno. Ovviamente ho chiesto a Steel l’indirizzo e il nome dei vostri stampatori dai quali mi recherò di persona. Uno dei miei principi, come sa, è non credere a niente, solo ogni tanto a quello che vedo. Bisogna divertirsi qualche volta nella vita, e sento che state per rifilarmi uno scarto di 30.000 libri».
7 agosto 1933: «Se non mi sta derubando non è conforme alla mia visione degli uomini e delle cose. Non è forse anche lei capace di tutto come me? È per caso malato? Tutto ciò è poco chiaro»; autunno 1939: «Ho un sacco di tempo. Vorrei vedere tutti i miei libri invenduti. Da voi o da Hachette. Può mandarmi i rendiconti? E poi andrò io stesso a contarli lì dove sono. I libri non sono refoli di vento. È roba che si vede, si tocca, si conta...»; 22 giugno 1941: «Se non ho ricevuto a stretto giro di posta il rendiconto Beaux Draps con relativo assegno, riterrò chiuso il nostro contratto. La saluto cordialmente».

Operaio senza umorismo
Come un rapporto del genere possa essere durato dal 1932 al 1945 è un vero mistero della fede. Nei giorni dell’epurazione selvaggia, Denoël verrà poi assassinato in circostanze poco chiare. La casa editrice passò nelle mani della sua compagna Jean Voilier, che Céline prenderà subito in simpatia: «E una troia navigata». La sua nuova vittima, nel bel mezzo del difficile periodo post-bellico, sarà Pierre Monnier. Anche in questo caso, lo scrittore sarà premuroso nel ringraziare l’uomo che si era impegnato a riportarlo al centro della scena dopo l’epurazione.
L’11 febbraio 1949, Céline scrive all’editore: «La sua lettera è assai gentile, ma spaventosamente imprecisa. Scriverò a Frémanger. Ne ho abbastanza di queste moine! La avverto, lei non mi conosce, al lavoro sono un operaio a cui non piace scherzare. Mi ammazzo di scrupoli e fatica. I giochetti quando si parla di lavoro mi fanno orrore».

Il sospirato approdo
Alla fine, comunque, nel tempio di Gallimard Céline riuscirà a entrarci. Anche in questo caso, l’idillio iniziale durerà pochissimo.
E così, il 12 settembre 1952 vediamo l’autore del Voyage scrivere a Claude Gallimard: «Gentile Signore, blabla a parte devo constatare che per Féerie non fate nessuna pubblicità su nessun giornale (né diretta né indiretta). Non mi dica che ne farete per il «prossimo» volume perché non avrete mai il prossimo volume se continuate a lavorare così (o piuttosto a non fare niente). Traduzioni. Non mi avete procurato nessuna traduzione in nessun Paese. Sono stato io a darvi i miei editori stranieri. Anche qui, tutto alla rovescia! Se aveste speso per il Voyage o per Mort à Crédit 1/4 del polverone (del tutto inutile) che avete sollevato sull’impossibile Jean Santeuil, quei libri sarebbero ripartiti a razzo! Alla N.R.F. [la rivista delle edizioni Gallimard - ndr] regna l’inversione (cosa non grave) ma l’incapacità e l’approssimazione commerciale, queste sì sono cose gravissime!».
Ma a un tipo così sfrontato, volgare, presuntuoso e intrattabile, come si fa a non volergli bene?

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