Già nel 1913 nel saggio giovanile Esperienza, Walter Benjamin (1892-1940) enuncia le tendenze di una ricerca che assumerà molto presto una struttura teoretica forte e sarà al centro della discussione gnoseologica ed estetica dell'ambiente intellettuale in cui egli si forma.
Il filisteo... non ha mai compreso che c'è qualcos'altro come esperienza... Ognuna delle nostre esperienze ha già sempre un contenuto. Noi stessi glielo daremo dal nostro spirito... Conosciamo un'altra esperienza. Può essere nemica dello spirito e distrugge molti sogni in boccio. Tuttavia è la cosa più bella, intangibile, immediata, che non può essere mai senz'anima finché noi restiamo giovani. Ognuno sperimenta sempre solo se stesso, afferma Zaratustra alla fine del suo pellegrinaggio... Il giovane farà esperienza dello spirito e quanto più dovrà faticare per raggiungere qualcosa di grande, tanto più incontrerà lo spirito lungo il suo cammino e in tutti gli uomini.
Egli si scaglia contro l'uso filisteo del termine esperienza da parte degli adulti che vorrebbero negare che esiste un'altra esperienza, quella dei valori della verità, della bellezza e del bene che la gioventù esperisce immediatamente nel proprio spirito con la volontà di tenervi fede. L'esperienza comprende per Benjamin l'intera filosofia, il suo sistema, che si articola negli ambiti della conoscenza, dell'etica e dell'estetica, si presenta, secondo un suggerimento della filosofia neokantiana, come un compito infinito: è il compito che la filosofia assume nella sua ricerca dei concetti e dei principi su cui si fonda, e di un'unità non condizionata che si esprime come idea religiosa. L'esperienza è l'insieme di questa unità e totalità ideale, la sua espressione concreta e simbolica in immagini e nel linguaggio.
A partire dalle suggestioni del giovane Benjamin, e cercando di ricostruire le sue letture, i corsi da lui seguiti e le discussioni avute con i suoi amici – sono gli anni, lo ricordiamo, della profonda intesa con Gershom Scholem – questo studio si propone di indagare, fornendo molti materiali inediti, le influenze del pensiero di Kant e del fondatore della corrente neokantiana, Hermann Cohen, sulla riflessione di Benjamin negli anni 1912-1918. Partendo dal recupero e dallo sviluppo del sistema kantiano, Benjamin tenta di fondare un nuovo concetto di esperienza, non più riferito all'intuizione empirica, ma "a priori" e "metafisico", anche se non coincidente – come in Cohen – con il "fatto" delle scienze fisicomatematiche, ma capace di dare conto della dimensione religiosa, storica, etica ed estetica della sfera umana.
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Tamara Tagliacozzo è ricercatrice di Filosofia Morale presso il Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università degli Studi Roma Tre. Si occupa del pensiero di Walter Benjamin in rapporto al neocriticismo tedesco, al messianismo, alla musica e alla riflessione teologico-politica di G. Scholem e J. Taubes. A questi temi ha dedicato, oltre a questo volume, la raccolta di saggi Walter Benjamin e la musica (Il glifo, 2013). Ha curato l’edizione critica dei frammenti sulla filosofia del linguaggio e la critica della conoscenza di Walter Benjamin Conoscenza e linguaggio. Frammenti II (Mimesis, 2013) e con Ilana Bahbout e Dario Gentili Il messianismo ebraico (Giuntina, 2009).