Lu Xun (Zhou Shuren, 1881-1936), narratore e poeta, saggista e critico letterario, è considerato il padre della letteratura cinese moderna, il primo ad aver scritto un racconto (Il diario di un pazzo) in cinese moderno, attingendo largamente dalla lingua parlata. Erbe selvatiche (1924-1926) è una raccolta di brevi testi riconducibili ai sanwen ("scritture sparse", o "scritture libere"), uno dei numerosi sotto-generi della vastissima tradizione saggistica cinese. Al confine fra la prosa e la lirica, essi sono un condensato di sperimentazione stilistica e linguistica, da parte di un autore che aveva talmente assimilato la tradizione da potersene fare gioco senza falsarla – e che peraltro aveva piena dimestichezza con gli sviluppi anche più recenti delle letterature europee. Nella presente versione di Edoarda Masi, questi testi superano felicemente la loro prova più difficile: quella della traduzione. Se c'è perdita (il riferimento diretto, l'allusione, l'irrisione), essa sopravvive al passaggio da Oriente a Occidente in forma di ferita: e sul terreno della nostra lingua assistiamo al sorgere di un piccolo, nuovo capolavoro.
Lu Xun, pseudonimo di Zhou Shuren (Shaoxing, Zhejiang, 1881 - Shanghai, 1936) narratore e poeta, saggista e critico letterario, è considerato il padre della letteratura cinese contemporanea, il primo ad aver scritto un racconto (Il diario di un pazzo) in cinese moderno, attingendo largamente dalla lingua parlata. Tra le sue opere ricordiamo Alle armi (1923), Errare incerto (1926), Storie rivisitate (1935). Oltre alla Falsa libertà, Quodlibet ha pubblicato Erbe selvatiche (2003), una raccolta di brevi testi riconducibili al sanwen, uno dei numerosi sottogeneri della vastissima tradizione letteraria cinese, al confine tra la prosa e la lirica.