Georg Simmel (Berlino 1858, Strasburgo 1918). Franco Volpi ha scritto questo suo efficace ritratto: "A prestar fede a Ortega y Gasset, che nel 1905 a Berlino ne seguì le lezioni, Simmel era «una specie di scoiattolo filosofico». Versatile, agile, fantasioso, l'opposto dello spirito sistematico teutonico: «Non considerava il suo soggetto come un problema in sé, ma come una piattaforma sulla quale eseguire i suoi meravigliosi esercizi analitici». Anche Banfi ne rimase estasiato osservandolo dai banchi mentre «incalzava sempre più da vicino il segreto delle cose». Sfortunato nella carriera universitaria, divenne ordinario solo pochi anni prima della morte, e a Strasburgo, ai confini del Reich, mentre da amante della vita metropolitana sarebbe rimasto volentieri nella capitale. Simmel ebbe in compenso un vasto successo. La sua casa era un cenacolo, frequentato da Buber, Bloch, Lukacs, Kantorowicz e altri. Le sue lezioni, alle quali contro l' uso accademico del tempo ammetteva anche donne, erano affollatissime, i suoi articoli domenicali molto seguiti, i suoi libri longseller… A suo agio nel caotico fluire della vita moderna, Simmel non si accontentò del positivismo ottimistico allora imperante ma, forte di Nietzsche, Bergson e George, delineò una disincantata comprensione delle sue contraddizioni e delle sue patologie, interpretando con lungimiranza fenomeni come il sistema del denaro, l'individualismo di massa, le avanguardie estetiche, la moda. Grazie a Banfi, Rensi e in tempi più recenti Cacciari, il suo pensiero ha goduto in Italia di una buona fortuna".