Gilles Clément, L’arte involontaria

L’arte involontaria
di Gilles Clément

Per chi sa osservare, tutto è arte. La natura, la città, l’uomo, il paesaggio, l’atmosfera, ciò che chiamiamo «umore», e, infine e soprattutto, la luce.
Peraltro, tutti conoscono l’arte degli artisti, quella firmata. Pittori, scultori, musicisti, scrittori, cineasti, danzatori ecc. sono chiamati in causa sulla questione dell’arte, a proposito della quale, come si sa, c’è sempre molto da dire.
Esiste tuttavia una zona indefinita nella quale si incrociano il dominio elementare della natura – le contingenze – e il territorio marcato dall’uomo.
Questo terreno d’incontro produce figure che sono al tempo stesso lontane dall’arte e vicine, a seconda delle definizioni che se ne danno. Per quanto mi riguarda, considero come arte involontaria il felice risultato di una combinazione imprevista di situazioni o di oggetti organizzati conformemente alle regole d’armonia dettate dal caso.

Quest’arte poco considerata, perché non premeditata, galleggia sulla superficie delle cose. È senza peso, poiché la società non le dà peso. È un’arte senza statuto, senza discorso, a tal punto priva di messaggi che la si può leggere, in definitiva, per quello che rappresenta – una figura del caso –, senza aver l’obbligo di portarla al di là dei suoi limiti. È un’arte disarma- ta, sprovvista di azioni e di opportune missioni; si sottrae alla politica, si espone in fretta e subito scompare. Priva com’è di un’utile consistenza, non la si può volgere a proprio profitto, poiché non appartiene a nessuno. È un effimero e sottile stato dell’essere. Talvolta, una luce.

Prima di tutto, è uno sguardo.
Certo, quest’arte non ha un autore identificabile. Senza il peso della firma, un’opera acquisisce di colpo leggerezza, si presenta da sola, e propone a chiunque di addossarsi la paternità d’un giudizio.

A forza d’incontrare e collezionare le immagini dell’arte involontaria in giro per il mondo, ho finito per raggrupparle in otto distinte categorie: una comodità che consente di affrontare più agevolmente la questione (il numero delle categorie può infatti aumentare o diminuire a volontà). Le ho poi ordinate secondo una gerarchia che va dalla massima distrazione dell’uomo sul suo territorio all’abbozzo di un dispositivo costruito, talvolta persino a un tentativo d’accesso all’opera. L’opera è però in tutti i casi inavvertitamente colta nella sola e imprevedibile messa in scena determinata dalle circostanze della vita. Nessuno penserebbe ad allontanarla da questa sede fragile e anonima.
Ecco perché gli esempi scelti non mostrano mai i miracoli della natura, lo splendore di luoghi selvaggi perenni e fantastici, grandiosi e turistici. No, si tratta piuttosto di incidenti minori e furtivi, nati dall’incontro fra i mondi viventi della natura e quella folla che ovunque cerca di esistere: piccoli accomodamenti senza conseguenze, o gesti azzardati, traccia imprevista dell’uomo sulla terra.