Prospettivismo in Amazzonia e altrove
di Eduardo Viveiros de Castro
Lo stimolo iniziale per le presenti riflessioni ha coinciso con i numerosi
riferimenti nell’etnografia amazzonica alla teoria indigena secondo
la quale il modo in cui gli umani percepiscono gli animali ed
altre soggettività che abitano il mondo – dei, spiriti, defunti, abitanti
di altri livelli cosmici, fenomeni meteorologici, piante, talvolta addirittura
oggetti ed artefatti – differisce profondamente dal modo in cui
tali esseri vedono gli umani e sé stessi.
Tipicamente, in condizioni normali, gli umani vedono gli umani
come umani e gli animali come animali; per quanto riguarda gli spiriti,
vedere questi esseri usualmente invisibili è un sicuro segno che
le «condizioni» non sono normali. Gli animali (predatori) e gli spiriti,
tuttavia, vedono gli umani come animali (come prede), allo stesso
modo in cui gli animali (come prede) vedono gli umani come spiriti
o animali (predatori). Per lo stesso motivo, gli animali e gli spiriti vedono
sé stessi come umani: si percepiscono come (o diventano) esseri
antropomorfi quando sono nelle proprie case o villaggi ed esperiscono
le proprie abitudini e caratteristiche nella forma di cultura: vedono il
proprio cibo come cibo per umani (i giaguari vedono il sangue come
birra di manioca, gli avvoltoi vedono i vermi all’interno della carne
marcescente come pesci grigliati, ecc.), i propri attributi corporei (pelliccia,
penne, artigli, becchi) come decorazioni corporee o strumenti
culturali, vedono i propri sistemi sociali organizzati allo stesso modo
in cui lo sono le istituzioni umane (con capi, sciamani, cerimonie, metà
esogamiche, ecc.). Questo «vedere come» si riferisce letteralmente a
percetti e non analogicamente a concetti, anche se in alcuni casi l’enfasi
si colloca più sugli aspetti categoriali che su quelli sensoriali dei fenomeni;
ad ogni modo, gli sciamani, i maestri dello schematismo cosmico [...], che si dedicano a comunicare ed amministrare
queste prospettive incrociate, sono sempre a disposizione nel
rendere i concetti tangibili e le istituzioni intelligibili.
Insomma, gli animali sono persone, o vedono sé stessi come persone.
Tale nozione è potenzialmente sempre associata all’idea che la
forma manifesta di ogni specie è un mero involucro (un «vestito») che
nasconde una forma internamente umana, di solito visibile solamente
agli occhi di specie particolari o di certi esseri trans-specifici come
gli sciamani. Questa forma interna è l’anima o lo spirito dell’animale:
un’intenzionalità o una soggettività formalmente identica alla
conoscenza umana, materializzabile, possiamo dire, in uno schema
corporeo umano che si nasconde dietro ad una maschera animale.