Gilles Deleuze, Il proletariato e il tennis

Il proletariato e il tennis
di Gilles Deleuze

Lo stile è un concetto letterario, una sintassi. Eppure si parla di stile nelle scienze, dove, cioè, non c’è sintassi. Si parla di uno stile nello sport. In ambito sportivo ci sono degli studi molto avanzati, che io però conosco troppo male; tuttavia mi pare che essi siano volti a mostrare che lo stile è il nuovo. Certo gli sport presentano una scala quantitativa contrassegnata dai record, basata sui perfezionamenti delle apparecchiature, la scarpa, l’asta… Ma ci sono anche mutazioni qualitative o idee, che sono questione di stile: come nel salto in alto quando si è passati dal forbice al ventrale, quindi alla tecnica Fosbury; oppure come quando nel salto ad ostacoli si è smesso di marcare l’ostacolo per conseguire una falcata più allungata. Perché non si poteva cominciare già da questo? Perché occorreva passare attraverso una lunga storia contrassegnata da progressi quantitativi? Ogni nuovo stile implica non una nuova «mossa», ma un concatenamento di posture, cioè l’equivalente di una sintassi, che si costruisce sulla base di uno stile precedente e in rottura con esso. I miglioramenti tecnici hanno il loro effetto solo se accolti e selezionati in un nuovo stile, che da soli non potrebbero determinare. Ecco allora l’importanza degli «inventori» nello sport, sono degli intercessori qualitativi. Prendiamo l’esempio del tennis: quando è comparso quel tipo di risposta al servizio secondo cui la palla ribattuta cade ai piedi dell’avversario che scende a rete? Mi pare che questo tipo di gioco sia stato introdotto da un grande tennista australiano, Bromwich, prima della guerra, ma non ne sono sicuro. È evidente che Borg ha inventato un nuovo stile che apriva il tennis a una sorta di proletariato. Nel tennis come altrove ci sono inventori: MacEnroe è un inventore, cioè uno stilista; ha introdotto nel tennis delle posture egizie (il suo servizio) e dei riflessi dostoevskijani («se passi il tuo tempo a sbattere intenzionalmente la testa contro il muro, la vita diventa impossibile»). Dopodiché, gli imitatori possono battere gli inventori e fare meglio di loro: si tratta dei best seller dello sport. Borg ha generato una stirpe di proletari oscuri, MacEnroe può farsi battere da un campione quantitativo. Sembrerebbe che gli imitatori, approfittando di un movimento venuto da altrove, siano ancora più forti, e le federazioni sportive mostrano una considerevole ingratitudine nei confronti degli inventori che le hanno fatte vivere e prosperare. Non importa: la storia dello sport passa per questi inventori, che costituiscono ogni volta l’inatteso, la nuova sintassi, le mutazioni, e senza i quali i progressi puramente tecnologici sarebbero rimasti quantitativi, senza importanza e senza interesse.