Iginio De Luca e Anna Cestelli Guidi, Artisti e curatori in dialogo. Una conversazione

Artisti e curatori in dialogo. Una conversazione
di Iginio De Luca e Anna Cestelli Guidi

ACG […] Trovo sempre molto interessanti i vuoti all’interno di un percorso artistico, li associo al buio di cui parla Agamben, dimensione unica ed insostituibile, intrepida e privilegiata in cui l’artista può riuscire a intravedere oltre le luci che accecano il presente. Mi sembra che siano questi i momenti in cui è possibile ritrovare quel senso di inattualità, cioè quello sfasamento rispetto all’attualità e alle attese di successo di un sistema, dell’arte e non solo, stretto nelle morse di una mercificazione compulsiva e fagocitante, che permette all’artista di “percepire e afferrare il proprio tempo”.
Un vuoto è un momento indicativo di cambiamento, di ripensamento, una sospensione che prelude a trasformazioni future. Un’interferenza, un atto di resistenza che si scontra con l’attualità contemporanea e la sua onnipresente e pervasiva omologazione.

IDL L’artista lavora sullo scarto, l’inciampo, la sospensione, e il vuoto è un punto emblematico del creare, una terra di mezzo tra il non più e il non ancora nei gangli contorti e imperfetti della vita. Una dimensione zen fintamente apatica, inquieta e mobile che concepisce la pausa e la perdita di tempo come privilegi di un ascolto: di sé stessi, del mondo intorno e delle relative collisioni. Prerogativa dell’artista è scoprirsi, schiudere gli abissi e rivelare la crisi a sé stesso e agli altri; crisi d’idee, di slanci empatici, di sintonie mentali, una falla nel sistema che, se accolta e cosciente, diventa parte del pensiero e del proprio ciclo rigenerativo. […]
Da tempo inseguo la sintesi, la bussola operativa che mi guida nelle scelte poetiche: partire da elementi discontinui, un accumulo d’informazioni collettive e sociali, private e personali come didascalie eterogenee di un lavoro a più registri espressivi e raggiungere la massima semplicità: un’immagine, un video, una scritta, un suono, un oggetto. Simboli efficaci di una metabolizzazione estrema, quasi che la fatica e il tempo di esecuzione spariscano di fronte a un lavoro che magicamente si genera da sé per un processo naturale, automatico e necessario.

ACG Nel raffinato uso del nonsense le tue azioni ricordano la comicità surreale e malinconica di Jaques Tati e Buster Keaton. L’ironia è la lente con cui esplori il potenziale sovversivo dell’immaginazione. Anche i titoli dei tuoi lavori sono sempre sottilmente ironici e spiazzanti, pensati come dispositivi linguistici di cortocircuito di senso.

IDL Eredito e mi sradico, mi affilio e mi sfilo continuamente da un agire esclusivamente serioso e autoreferenziale con quel senso di sottile estraneità e ironico distacco che mi accompagna nell’arte e nel quotidiano. Come in Tati e Keaton, la risata e la malinconia da sempre abitano il mio lavoro, coinquiline apparentemente complementari di una stessa predisposizione al mondo. I titoli potenziano quest’atteggiamento sarcastico, eclatante e dissacratorio: ossimori, paradossi, giochi di parole, frasi fatte e disfatte. La leggerezza è la meta, la condizione ideale per immaginare e sublimare l’esistere; guardare il cielo e contemporaneamente esserne parte. La poesia di Sandro Penna ne riassume liricamente il senso: “Io vivere vorrei addormentato entro il dolce rumore della vita”.