Jakob von Uexküll, Ambienti animali

La zecca è appesa immobile all’estremità di un ramo che sporge nel bel mezzo della radura. Questa posizione le offre la possibilità di cadere sul primo mammifero di passaggio. Alla zecca non arriva dai dintorni nessuno stimolo: ma ecco che le si avvicina un mammifero il cui sangue è indispensabile per la procreazione della sua discendenza.
A questo punto accade qualcosa di meraviglioso. Di tutti gli agenti fisici o chimici, prodotti dal corpo del mammifero, solamente tre, e in un preciso ordine, diventano stimoli. Nel mondo sterminato che circonda la zecca, tre stimoli brillano come segnali luminosi nell’oscurità. Sono potenti indicatori che permettono alla zecca di individuare la strada da seguire, consentendole di raggiungere il proprio obiettivo con grande sicurezza. Affinché tutto questo sia possibile, il parassita dispone, oltre che del suo corpo, dei ricettori e degli effettori, di tre segni percettivi che può trasformare in marche percettive. E il corso delle sue azioni è così fortemente prescritto da queste marche percettive che la zecca può produrre solo marche operative del tutto determinate.
L’intero, ricco mondo che circonda la zecca si contrae su se stesso per ridursi a una struttura elementare, che consiste ormai essenzialmente di tre sole marche percettive e tre sole marche operative: il suo ambiente. Ma è proprio questa povertà dell’ambiente a determinare la sicurezza del suo comportamento e la sicurezza è più importante della ricchezza.
Questo esempio mette in evidenza i tratti fondamentali della struttura dell’ambiente, tratti che valgono per qualunque animale.
La zecca possiede, però, una capacità ancora più sorprendente, in grado di darci un’idea precisa di che cosa sia un ambiente animale. È palese che l’eventualità fortunata che un mammifero si trovi a passare sotto il ramo sul quale è appostata la zecca, o che addirittura la urti, è straordinariamente rara. Per assicurare la continuità della specie, questo svantaggio non è adeguatamente compensato neanche dal grande numero di zecche che si trovano nella boscaglia. Ad aumentare le sue possibilità di imbattersi nella preda è una capacità straordinaria: la zecca può sopravvivere per un tempo lunghissimo senza nutrirsi. Presso l’Istituto zoologico di Rostock, sono state tenute in vita delle zecche che erano a digiuno da diciotto anni.
Gli esseri umani non possono di certo attendere diciotto anni come fa la zecca: il nostro tempo è composto da una serie di istanti, cioè da segmenti temporali molto brevi, all’interno dei quali il mondo non presenta alcun cambiamento. Durante quell’intervallo che è l’istante, il mondo è fermo. Per la specie umana, l’istante ha la durata di un diciottesimo di secondo. Vedremo più tardi che la durata dell’istante cambia da specie a specie, ma a qualunque lasso di tempo corrisponda l’istante della zecca, non è possibile resistere per ben diciotto anni in un ambiente assolutamente statico. Dobbiamo supporre, dunque, che la zecca durante la sua attesa si trovi in uno stato simile a quello del sonno, che anche negli esseri umani interrompe per ore la scansione temporale. Nell’ambiente della zecca, però, il tempo non è sospeso solo per qualche ora: il periodo di attesa può protrarsi per diversi anni, fino a che il segnale dell’acido butirrico non sveglia la zecca riportandola in attività.
Il caso della zecca ci fornisce un insegnamento molto importante. La nostra impressione è che il tempo faccia da contenitore per qualunque avvenimento e che, di conseguenza, sia l’unico elemento stabile nel continuo fluire degli avvenimenti. Abbiamo visto, invece, che è il soggetto a dominare il tempo del suo ambiente. Mentre fino ad ora avremmo detto che senza tempo non può darsi un soggetto vivente, ora sappiamo che occorre dire il contrario: senza soggetto vivente, il tempo non può esistere.