Emmanuel Levinas, Alcune riflessioni sulla filosofia dell'hitlerismo

Da Alcune riflessioni sulla filosofia dell'hitlerismo
di Emmanuel Levinas



Che cos’è secondo l’interpretazione tradizionale il fatto di avere un corpo? È sopportarlo come un oggetto del mondo esteriore. Il corpo pesa a Socrate come le catene che costringono il filosofo nella prigione d’Atene; lo rinchiude come la tomba che gli è destinata. Il corpo è l’ostacolo. Spezza il libero slancio dello spirito, lo riconduce alle condizioni terrene, ma, come un ostacolo, è qualcosa da superare.
È il sentimento dell’eterna estraneità del corpo rispetto a noi che ha nutrito tanto il cristianesimo che il liberalismo moderno.

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Accanto all’interpretazione data dal pensiero tradizionale d’Occidente che chiama questi fatti bruti e triviali e che li sa sminuire, può sussistere il sentimento della loro originalità irriducibile, il desiderio di custodire la loro purezza. Si darebbe nel dolore fisico una posizione assoluta.
Il corpo non è soltanto un accidente felice o infelice che ci mette in rapporto col mondo implacabile della materia – la sua aderenza all’Io vale di per se stessa. È un’aderenza alla quale non si sfugge e che nessuna metafora potrebbe far confondere con la presenza d’un oggetto esteriore: è un’unione il cui tragico sapore di definitivo nulla potrebbe alterare.
Tale sentimento d’identità tra l’io e il corpo – che, beninteso, non ha niente in comune col materialismo volgare – non permetterà dunque mai, a chi prendesse le mosse da esso, di ritrovare al fondo di questa unità la dualità di uno spirito libero che si dibatte contro il corpo a cui sarebbe stato incatenato. Per costoro, al contrario, è in questo incatenamento al corpo che consiste tutta l’essenza dello spirito. Separarlo dalle forme concrete in cui è già da sempre coinvolto significa tradire l’originalità dello stesso sentimento da cui conviene partire.
L’importanza attribuita al sentimento del corpo, di cui lo spirito occidentale non ha mai voluto accontentarsi, è alla base di una nuova concezione dell’uomo. Il biologico, con tutta la fatalità che comporta, diventa ben più che un oggetto della vita spirituale, ne diviene il cuore. La voce misteriosa del sangue, gli appelli dell’eredità e del passato di cui il corpo è l’enigmatico portatore, perdono la loro natura di problemi sottoposti alla soluzione di un Io sovranamente libero. L’Io non dispone, per risolverli, che delle incognite stesse di questi problemi. Ne è costituito. L’essenza dell’uomo non è più nella libertà, ma in una sorta di incatenamento. Essere veramente se stessi, non significa risollevarsi al di sopra delle contingenze, sempre estranee alla libertà dell’Io: ma, al contrario, prendere coscienza dell’incatenamento originale, ineluttabile, unico al nostro corpo; significa soprattutto accettare questo incatenamento.
Di conseguenza, ogni struttura sociale che annunci un affrancamento dal corpo e che non lo coinvolga diventa sospetta come un’abiura, un tradimento. Le forme della società moderna fondate sull’accordo di volontà libere non appariranno soltanto fragili e inconsistenti, ma false e menzognere. L’assimilazione degli spiriti perde la grandezza del trionfo dello spirito sul corpo. Diventa opera di falsificazione. Da questa concretizzazione dello spirito deriva immediatamente una società a base consanguinea. E allora, se la razza non esiste, bisogna inventarla!
Questo ideale dell’uomo e della società si accompagna ad un nuovo ideale di pensiero e di verità.
Ciò che caratterizza la struttura del pensiero e della verità nel mondo occidentale – l’abbiamo sottolineato – è la distanza che separa inizialmente l’uomo dal mondo delle idee in cui sceglierà la propria verità. Egli è libero e solo di fronte a questo mondo. È libero al punto che può fare a meno di ricoprire questa distanza, di effettuare la scelta. Lo scetticismo è una possibilità fondamentale dello spirito occidentale. Ma una volta annullata la distanza e colta la verità, l’uomo non fa certo a meno della sua libertà. Può riprendersi e tornare sulla propria scelta. L’affermazione cova già la futura negazione. Questa libertà costituisce tutta la dignità del pensiero, ma ne nasconde pure il pericolo. Nell’intervallo che separa l’uomo dall’idea si insinua la menzogna.
Il pensiero diventa gioco. Nella sua libertà l’uomo si compiace e non si compromette in senso definitivo con nessuna verità. Trasforma il suo potere di dubitare in mancanza di convinzione. Non legarsi ad una verità diventa per lui non voler impegnare la propria persona nella creazione di valori spirituali. La sincerità divenuta impossibile mette fine ad ogni eroismo. La civilizzazione è invasa da tutto ciò che non è autentico, dai succedanei messi al servizio degli interessi e della moda.
È a una società che perde il contatto vivente dal suo vero ideale di libertà per accettarne le forme degenerate e che, senza vedere lo sforzo che questo ideale esige, si rallegra innanzitutto delle comodità che consente – è a una società in queste condizioni che l’ideale germanico dell’uomo appare come una promessa di sincerità e di autenticità. L’uomo non si trova più davanti a un mondo di idee in cui può scegliersi, con una decisione sovrana della sua libera ragione, la propria verità – egli è già legato ad alcune tra quelle, com’è legato fin dalla sua nascita a tutti coloro che sono del suo stesso sangue. Non può più giocare con l’idea perché – scaturita dal suo essere concreto, ancorata alla sua carne e al suo sangue – essa ne conserva la serietà.
Incatenato al suo corpo, l’uomo si vede rifiutare il potere di sfuggire a se stesso. La verità, per lui, non è più la contemplazione di uno spettacolo estraneo – essa consiste in un dramma di cui l’uomo stesso è l’attore. È sotto il peso di tutta la sua esistenza – che comporta dei dati su cui non si può più tornare – che l’uomo dirà il suo sì o il suo no.
Ma a cosa obbliga questa sincerità? Ogni assimilazione razionale o comunione mistica tra spiriti che non si fondi su una comunità di sangue è sospetta. E tuttavia il nuovo tipo di verità non potrebbe rinunciare alla sua natura formale e smettere d’essere universale. La verità potrà ben essere la mia verità nel senso più forte di questo possessivo – essa deve però tendere alla creazione d’un mondo nuovo. Zarathustra non s’accontenta della propria trasfigurazione, scende dalla sua montagna e porta un vangelo. Com’è compatibile l’universalità col razzismo? Ci sarà – ed è nella logica dell’ispirazione originaria del razzismo – una modificazione fondamentale dell’idea stessa di universalità. Essa dovrà far posto all’idea di espansione, perché l’espansione d’una forza presenta tutt’altra struttura dalla propagazione di un’idea.
L’idea che si propaga, si distacca essenzialmente dal suo punto di partenza. Malgrado l’accento unico che il suo creatore le conferisce, essa diventa di patrimonio comune. È sostanzialmente anonima. Appartiene a chi la accetta come a chi la propone. La diffusione di un’idea crea così una comunità di «maestri» (maîtres) – è un processo di parificazione. Convertire o persuadere è crearsi dei pari. L’universalità d’un ordine nella società occidentale riflette sempre questa universalità della verità.
La forza è invece caratterizzata da un altro tipo di propagazione. Chi la esercita non se ne separa. La forza non si disperde tra coloro che la subiscono. È tutt’uno con la personalità o la società che la esercitano, le accresce subordinando loro tutto il resto. Qui l’ordine universale non si stabilisce più come corollario dell’espansione ideologica – esso è questa espansione stessa che costituisce l’unità di un mondo di padroni (maîtres) e di schiavi. La volontà di potenza nietzschiana che la Germania moderna ritrova e glorifica non è soltanto un nuovo ideale, è un ideale che apporta nello stesso tempo la sua forma propria di universalizzazione: la guerra, la conquista.

Ritroviamo qui delle verità ben note. Abbiamo tentato di ricollegarle ad un principio fondamentale. Può essere ci sia riuscito di mostrare che il razzismo non si oppone solamente a questo o quel punto particolare della cultura cristiana e liberale. Che qui non è questo o quel dogma della democrazia, del parlamentarismo, del regime dittatoriale o della politica religiosa ad esser messo in causa. È l’umanità stessa dell’uomo.