Passeggiata nella seconda natura
di Lucius Burckhardt
Ma torniamo alla passeggiata e alla sua storia. Concepita nel giardino paesaggistico
inglese, la passeggiata si diffuse nelle Highlands scozzesi e in seguito
nelle Prealpi, finché una nuova invenzione – la ferrovia – ne innescò la
decadenza. La ferrovia ridusse la regione tipica a meta turistica. Portò i turisti
in quegli alberghi in cui la foto dell’opuscolo pubblicitario e della cartolina
in vendita alla reception corrispondeva esattamente alla porzione di panorama
visibile dalla finestra, o almeno da quella della stanza più cara. Al mattino,
scostando la tenda, si potevano ammirare la cascata di Giessbach, il Cervino,
la Sainte Victoire.
Queste mete rappresentavano in modo tipico regioni più vaste, e perfino
nazioni nascenti. Esiste un rapporto tra l’unificazione della Germania e l’immagine
dell’isola di Helgoland, tra la nuova Federazione elvetica e le finestre
d’albergo di Schwyz e Brunnen. C’è bisogno di un’altra piccola digressione per
spiegare perché non ci si annoiava dinnanzi a un paesaggio sempre uguale?
Ovviamente si giocava anche a carte e si tessevano intrighi; ma la soluzione
dell’enigma mi si presentò durante un soggiorno sul passo del Furka: a mutare
lo scenario ci pensava il tempo – il tempo atmosferico –, con il quale non
avevamo ancora quel rapporto unilaterale che si rispecchia nel cielo perennemente
azzurro dei dépliant turistici.
In Svizzera come altrove gran parte dei vecchi alberghi delle mete turistiche
hanno chiuso i battenti. Il Rigigipfel è stato demolito, il Furka demolito, il
Giessbach ha cessato l’attività. Gli alberghi delle mete turistiche falliscono con
l’aumento del turismo. Il turista di oggi pernotta negli alberghi che sorgono
tra una meta e l’altra: l’antica passeggiata rinasce a nuova vita nella forma del
giro in automobile.
Il giro in automobile copre un perimetro più vasto: mentre a piedi si esplora
la collina vicino a Schlettstadt, in auto si raggiungono i Vosgi, la Provenza,
la Toscana. Il grado di astrazione dell’esperienza del paesaggio è quindi molto
più alto. Al termine di un fine settimana lungo, il gitante motorizzato «sa com’è
la Borgogna». In nessun posto la Borgogna è come egli ha in mente che sia. Egli
è assolutamente convinto che gli abitanti della Borgogna abbiano completamente
rovinato la loro meravigliosa regione; solo lui è riuscito a ricostruirsene
un’immagine da quel po’ che di tipico è rimasto.
Negli anni Sessanta, quando tutti ormai possedevano un’auto e la usavano
per spostarsi durante le vacanze, anche questo più ampio vagabondare ha iniziato
a essere minacciato. Gli ingegneri del traffico hanno infatti spiegato che
bisognava incanalare il traffico, altrimenti si sarebbero formati degli intasamenti;
così hanno costruito le autostrade e creato quei blocchi da cui dicevano
di volerci preservare. Da quando esistono le autostrade, come ai tempi della
ferrovia, è tornato a riproporsi il problema delle mete turistiche.
La meta, in quanto rappresenta un territorio, dev’essere tipica; ma, come
abbiamo detto, tipica a un livello di astrazione più alto. Il Cervino può ben rappresentare
le Alpi e Helgoland la Germania; ma solo pochissime località, tra
quelle accessibili al turismo, presentano queste caratteristiche. Poiché l’immagine
della regione, della Toscana, della Borgogna, esiste solo nella mente
del turista e non nel mondo reale, la meta turistica deve cercare di adeguarsi a
questo alto grado di astrazione. Spesso questo risultato si realizza aggiungendo
un’altra gita alla gita originaria: si va a Meiringen e poi si parte da lì per andare
a fare il «giro dei tre passi», o il «giro dei cinque ghiacciai»; si va a Samaden
e la si prende come punto di partenza per il «giro delle tre nazioni», che porta
il turista attraverso i passi dell’Ofen, dello Stelvio e dello Spluga. Da cinque
ghiacciai si ricava l’essenza astratta del ghiacciaio.
Tuttavia anche il luogo in cui si soggiorna dovrebbe avere qualche tratto
di questa tipicità. Naturalmente c’è l’architettura tradizionale della regione –
alpina, per esempio –, ma questa ha sviluppato i suoi tratti stilistici peculiari
in un’epoca in cui non esistevano né alberghi né grandi parcheggi per le auto
né piscine coperte. Come fare, allora, per dare a questi grandi edifici moderni
un’impronta tipica regionale? Modelli, non ce ne sono. Si tratta di imitazioni prive dell’originale. Nella nuova architettura turistica è il falso l’autentico,
dato che il vero autentico non esiste. Così oggi è anche possibile che tutto sia
tipico di ogni luogo: nasce lo stile del regionalismo ubiquitario.
Una volta risolto il problema dell’architettura tipica regionale, la località
turistica tende anche a svincolarsi dall’obbligo dell’escursione supplementare,
del «giro dei tre passi», che, anzi, le sottrae una parte degli introiti del turismo.
Non sarà invece possibile concentrare in un unico luogo tutto il tipico
di una regione? Per questo è necessaria una messa in scena. La soluzione
è un’istituzione che unisca i piaceri della piscina coperta a quelli di un parco
esperienziale in cui si offra una rassegna di tutte le tipicità regionali. E poiché
qui possiamo progettare svincolati da ogni caratteristica locale, la regione è il
mondo: in uno chalet alpino su una spiaggia tropicale godiamo il salutismo
finlandese con filosofia giapponese. Senza muoverci dal posto, esperiamo il
mondo intero nella forma di una seconda natura.