Scrivere della fine del mondo
di Patrik Ourednik
Il mio editore, dal canto suo, aveva sogghignato. La fine del mondo? Il tono della voce era complementare al suo pensiero: argomento trito e ritrito. Dall’ultima fine del mondo, non ci crede più nessuno.
– Sì, ma questa è la volta buona.
– Ah sì? Ha avuto una soffiata?
Sempre più ironico.
– In un certo senso. Ho letto dei rapporti sulla questione. Roba seria.
– Non vende più. Bisognerà integrare con qualcosa di meno banale.
– Una fine del mondo non è mai banale.
– Diciamo più allettante. Che so... un segreto di famiglia, per esempio.
– Già previsto.
– Qualcosa sulle religioni.
– Già previsto anche questo.
– Con una o due guerre sullo sfondo.
– Ce n’è a bizzeffe.
– Un dittatore. Alla gente piace.
– È umano.
– Più è sanguinario, più piace.
– Anche questo è umano.
– Prenda Hitler, per esempio. Vecchio argomento, ma vende sempre.
– Me ne rendo conto.
– Senza trascurare l’attualità, ovviamente.
– Ovviamente.
– Tipo, il passato che riemerge sotto i tristi auspici del presente.
– Non male come frase.
– Non troppo sesso. Rallenta la lettura.
– Non troppo.
– Qualche citazione biblica.
– Questo va da sé.
Il mio editore sarebbe stato un pessimo scrittore.
Tanto quanto gli altri.