La salsiccia
di Robert Walser
A che penso? Penso a una salsiccia. È terribile. Giovani, uomini che servite lo stato, su cui lo stato ripone le sue speranze, osservatemi accuratamente e prendetemi come esempio ammonitore, poiché sono caduto in basso. Non riesco a liberarmi dal pensiero che ancora poco fa possedevo una salsiccia, la quale ora è perduta per sempre. L’ho estratta dal guardaroba e in tale occasione l’ho mangiata. Con gusto evidentemente fin troppo sincero ho consumato ciò che potrebbe essere ancora presente, se non l’avessi divorato. Pochi minuti fa la migliore e succulenta salsiccia era ancora qui in carne e ossa e ora, per effetto di un trangugiamento malauguratamente fin troppo precipitoso, la gustosa salsiccia è sparita e non me ne consolo. Ciò che poco fa era ancora qui è perso, e mai nessuno me lo restituirà. Ho mangiato ciò che mai e poi mai avrei dovuto mangiare così velocemente, ciò che avrei fatto meglio a non assaporare mai e poi mai con tanta fretta. Ho divorato ciò che ancora adesso potrebbe stuzzicarmi, se avessi resistito alla cupidigia. Deploro profondamente di non aver resistito alla cupidigia e di aver consumato colei che, ancora pochi minuti fa, stava fresca e rossa a mia disposizione, ma che mai e poi mai sarà più a mia disposizione, poiché l’ho consumata affrettatamente. Ho fatto uso di ciò di cui ancora adesso potrei far uso, se non si fosse verificato quel che si è verificato e non si può sanare. Quel che è svanito potrebbe essere ancora qui tranquillo e pacifico, e ciò che, a mai più rivederci, è andato perduto, potrebbe risvegliare appetito, epperò quel che risvegliava appetito è svanito, e io deploro sinceramente questo fatto, sebbene riconosca che tutto il lamentarsi serva a poco o a nulla. Ciò che è stato violato poteva restare inviolato, ciò che è stato mangiato poteva restare illibato, ciò che è stato addentato poteva scampare ai morsi, se fossi stato più avveduto e temperante, ma purtroppo non sono stato né temperante né avveduto, e ne sono profondamente spiacente, sebbene riconosca che lamentazione e pentimento servano a poco o a nulla. Ciò che è sparito potrebbe essere presente, e ciò che è morto potrebbe vivere allegramente. Ciò che è stato spietatamente maciullato dalla mia dentatura potrebbe essere intero, ma purtroppo è fatto a pezzi, non c’è lamentazione che tenga. Ciò che non serve più potrebbe offrire i migliori servigi, e ciò che è altrove e perduto mi rallegrerebbe ancora adesso con la sua bella presenza, se non avessi commesso l’atto deplorevole che malauguratamente fin troppo a ragione deploro. Ciò che, come detto, è sparito, non c’era bisogno che, come detto, fosse già andato perduto, se io fossi stato più forte e resistente e avessi abdicato alle cattive inclinazioni. Brame cattive, voi mi avete derubato della mia salsiccia. Ho assaporato ciò che, in quanto nutrimento, in futuro potrebbe ancora essere assaporato, se lo avessi lasciato lì inassaporato e non goduto, e ne sono, come ho già detto più volte, sconsolato, cosa che posso solo sempre ripetere. Mi sono inflitto una batosta degustando un cibo fin troppo eccellente, che ora è assaporato e degustato, poiché non sono stato temperante, cosa che deploro. Il pentimento non serve; aumenta, piuttosto che diminuire, la perdita della salsiccia, perciò voglio provare a rinunciare al pentimento, cosa che tuttavia è in ogni caso assai difficile, poiché il motivo di essere pentito è forte e grande. Mi sono tirato addosso una disfatta poiché non ho messo in serbo ciò che avrei dovuto assolutamente mettere in serbo e salvaguardare ma che purtroppo non ho salvaguardato, sebbene quasi non ci credo, dato che ho sempre avuto la convinzione di essere forte e resistente, anche se a quanto pare mi sbagliavo, cosa che mi addolora, sebbene, come detto, evidentemente il pentimento non serva a un bel nulla. Oh, questa salsiccia, lo giuro, era magnifica. Era splendidamente affumicata, e lardellata con incantevoli pezzetti di grasso, e era di una considerevolissima, adeguata lunghezza, e aveva un profumo così soave, così seducente, e un colore così rosso e tenero, e quando l’ho addentata… come ha scricchiolato, continuo ancora adesso a udire come scricchiolava, e era succulenta, non ho mai mangiato in tutta la mia vita qualcosa di più succulento, e questo portento di succulenza e di sapore, di rossore e tenerezza, di fragranza, di prelibatezza e appetitosità, di slanciatezza e rotondità, di affumicatura e lardellatura, potrebbe ancora adesso essere succulento e saporito, ancora adesso rosso e tenero, ancora adesso fragrante, ancora adesso prelibato e appetitoso, ancora adesso curvilineo e slanciato, ancora adesso affumicato e lardellato, se avessi avuto pazienza. Potrei ancora adesso sentirla scricchiolare, se non l’avessi già fatta scricchiolare, e ci sarebbe ancora adesso da addentare colei che per disgrazia, fin troppo rapidamente, ho fatto a morsi.