Superstudio, Abitare con libertà

Abitare con libertà
di Superstudio

Vivere in casa non è un’operazione spontanea, naturale, ma richiede una grossa dose di cultura, di raziocinio e di poesia. Ogni casa si struttura come la proiezione spaziale dei desideri, delle ambizioni, delle necessità e delle storie dei suoi abitanti. La casa diventa un’immagine: il ritratto di chi la usa. E come complesso di spazi, oggetti, immagini e intenzioni, si sovrappone agli inquilini, modificandone il comportamento.
Nasce così un insieme di azioni e reazioni, tanto più complesse e determinanti quanto maggiore è l’uso che si fa della casa e quanto più questa coinvolge i suoi abitanti. Ormai dovrebbe essere chiaro che la casa non è un bene di capitalizzazione, ma un bene di consumo: e insieme è anche vero che non siamo solo noi a consumare la casa, ma è anche la casa che consuma noi. Ecco dunque tutta una serie di azioni di guerriglia, di violenze imposte o sofferte… di qui l’esigenza di costruirsi una «strategia dell’abitare», cioè un insieme di regole pratiche, di manuali di pronto soccorso, di metodi sperimentati capaci di sanare i dissidi, spianare le controversie e di riportare la pace e la calma. E sicuramente un «manuale di esercizi dello spirito per un sereno abitare» suggerisce di abbandonare ogni desiderio di essere sempre «alla moda», e quello di essere in stile, o di esser divertenti o di piacere subito: consiglia insomma di svuotarsi dei falsi problemi, delle manie, degli isterismi.
Poi si può iniziare a desiderare una vita senza molti ingombri, una vita dove gli oggetti hanno un piccolo peso, e sono solo ricordi, scelte, pensieri leggeri, affermazioni di verità raggiunte, speranze per un mondo migliore, serene convivenze tra cose tempi luoghi persone… Oggetti come messaggi. È chiaro che una volta eliminati i falsi problemi connessi agli oggetti di cui ci circondiamo, gli oggetti diventano un modo di riconoscere noi stessi attraverso le nostre scelte. L’arredamento diviene così un insieme di rapporti sullo stato delle cose, e come ogni altra tecnica conoscitiva ha lo scopo di assicurarsi una serena consapevolezza, derivante dalla chiarezza. È un altro modo insomma per salvarsi l’anima. Gli egizi e gli etruschi mettevano suppellettili nelle tombe: anche oggi la maggior parte delle case sono tombe di suppellettili. Gli oggetti vengono rapidamente ridotti a pezzi da museo e si conservano, per molto o poco tempo non importa, con tutta la polverosa eternità dei soprammobili inutili.
Se lo scopo di un arredamento è quello di permettere i rapporti umani, tutto quello che ci mettiamo intorno deve essere sempre e solo una testimonianza dei nostri pensieri e affetti: una serie di oggetti come messaggi, conservati in bottiglia, delle nostre storie pubbliche e private. Ma l’importante è mantenersi privi di paure anche di fronte ai ricordi: conservare il controllo della situazione, con tutte le possibilità di cambiare, abolire, conservare.
Ogni operazione, ogni mutamento, deve avvenire senza drammi, perché di solito non si migliora né si peggiora nulla: si cambia soltanto.
Mobili come personaggi. L’arredamento moderno sembra una grande corsa (di mostra in salone, di negozio in rivista) verso il più bello, il più nuovo, il più funzionale. Ma arrivare prima o dopo non importa, se tutta la corsa è sbagliata.
Così la cosa da fare non è partecipare alla corsa, ma uscirne il prima possibile, e isolarsi in disparte a raccogliere lentamente i pezzi della nostra esistenza e a foggiarci gli strumenti per sopravvivere, per soddisfare i veri bisogni.
I gesti diventano più misurati e più liberi: volta per volta le azioni si inventano da sole, senza bisogno di supporti.
Esistono incubi diurni, nati sotto luci fantasiose, abat-jour e applique, inscatolati in bare scomponibili, modulari, trasformabili: individuarli è difficile, perché non fanno paura a nessuno (o quasi); una politica di progressiva narcosi li favorisce, e l’illusione del benessere li alimenta.
Non vogliamo passar sopra i desideri e le passioni o staccarci dalle cose: ci interessa invece un possesso profondo delle cose, un possesso interno che è consapevolezza delle cose e del desiderio delle cose stesse.
Si tratta di eliminare i movimenti scomposti, i repentini cambiamenti d’umore, le scelte affrettate.
Soprattutto il problema della sopravvivenza è legato a un uso accorto e misurato delle nostre riserve d’intelligenza: gli sprechi da evitare sono gli sprechi d’intelligenza.
Conserviamola per viverci insieme.
Possiamo pensare a una casa qualsiasi, sufficiente a riparare e ad assicurare lo svolgersi delle funzioni primarie della vita, senza problemi quindi… possiamo pensarla vuota e poi possiamo cominciare a mettervi dentro dei pezzi, uno per volta.
Pezzi che come unica caratteristica comune hanno quella di significare qualcosa, di essere figure o personaggi, testimonianze più o meno archeologiche, ma soprattutto pezzi slegati dalla «grande corsa». Ogni oggetto ha un significato magico: ogni oggetto si presenta come sistema chiuso in se stesso e si avvicina agli altri per omogeneità o complementarità.
L’omogeneità deriva solo da un identico grado di compiutezza formale; la complementarità dal costituire insieme un sistema non privo di significato. Tutti questi pezzi si accostano semplicemente per mezzo di schemi geometrici semplici e non interferiscono sostanzialmente sulla struttura della casa: se quest’ultima ha una sua realtà architettonica, questa deve esser rispettata. Se non è un prodotto di architettura, non ha senso il tentativo di renderle dignità mediante operazioni più o meno cosmetiche. Il principio è quello del minimo sforzo: una serie di azioni senza violenza, tendenti a mantenere chiusi i sistemi non comunicanti e insieme ad affermare una sola idea, la più semplice possibile. Un’idea chiara di un abitare sereno ed esatto. Un abitare classico che usa le cose nel modo giusto, riservando per sé un’area sgombra per la riflessione e disponendovi intorno le cose come immagini.
È un tipo di abitare questo senza molte avventure, che opera le sue scelte senza fretta, costruendo una specie di serena archeologia del presente e del futuro.