Catalogo / simonelli

simonelli
(morte di operai alla ThyssenKrupp)

seguito da due scritti:

Economia carnivora di Carlo Marrapodi

ThyssenKrupp: l’importanza di un processo di Giorgio Cremaschi

ISBN 0000000000018
2009, pp. 50
140x215, brossura
€ 7,00
€ 6,65 (prezzo online -5%)
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Il libro

È ancora possibile a un individuo umano porsi “come colui che vive questo e quello” anziché “come uno stato, un atto” (Husserl)? In altre parole, porsi fuori circuito rispetto al capitale? Sembra essere questa la domanda fondamentale dopo il rogo della ThyssenKrupp, il 5 dicembre 2007. Lì, come mai, la forza-lavoro è apparsa umanità divenuta stato, atto, orribilmente spogliata della sua pure residuale qualità empirica ovvero della possibilità stessa di vivere in sé e per sé. La potenza della classe, la sua forza di falsificazione del mondo-che-c’è, si è sempre anzitutto mostrata nella manovra di disidentificazione da uno stato, da un atto, esponendosi in forme espressive capaci di mettere fuori circuito gli apparati di dominio, talora ricorrendo a prassi duramente antagoniste – ma si dà tuttora questa irriducibilità? E in quali soggetti sta semmai installandosi? Il racconto di questo quaderno congiunge la tradizione del lavoro operaio alle nuove forme di lavoro cognitivo, a un certo punto della narrazione le due figure si sovrappongono, passano l’una nell’altra, quasi che quelli che Massimo Pizzingrilli chiama qui rimpiazzi assumano su di sé il compito eversivo del Gesamtarbeiter, ne siano una continuazione aggiuntiva. In un documentario di Monica Repetto e Pietro Balla, ThyssenKrupp Blues, girato quasi un anno prima del rogo – un film che preannuncia passo passo la prossima strage –, il protagonista, un operaio dell’acciaieria, Carlo Marrapodi, adopera lo stesso termine parlando di sé, egli afferma infatti “sono un rimpiazzo”.
È noto che il capitale utilizza con estrema disinvoltura la forza-lavoro, in altre parole è portato a sussumerla ovvero a morirla dentro di sé. Oggi questa Aufhebung si espone vuoi nel back-office, i cosiddetti servizi remoti d’impresa, vuoi, per lo più, in tutto quanto è stato efficacemente definito “sistema bizantino, in grado di occultare le responsabilità” (Needleman), di disarticolare ogni conato del potere costituente del soggetto. Ma non tutto può venire occultato, poiché numerosi investimenti necessari alle città globali non possono non avere una visibilità, i loro costi sono troppo onerosi perché si possa pensare di delocalizzarli nonchalamment, tanto meno abbandonarli senza provocare pesanti perdite del capitale fisso; non tutto può venire disarticolato, nella misura in cui ogni produzione di oggetti inferisce inevitabilmente nuovi soggetti, dunque una classe. Precisamente in questi interstizi del capitale – contraddizioni si sarebbe detto – stanno aprendosi nuovi spazi dello scontro, delineandosi nuove modalità di internazionalizzazione delle lotte, schemi unitari trasversali, spesso imprevedibili.
È forse possibile considerare al tramonto l’epoca della sindrome di TINA (there is no alternative), quando governi preposti alla deregulation si affidavano più che altro all’ammutolimento della classe per imporre politiche ricattatorie e infami?
Segue una testimonianza di Marrapodi, che può ben ritenersi uno scampato al macello. Quel giorno Carlo lavora al secondo turno, una telefonata alle sei e mezzo di mattina lo informa della morte di un collega – così oggi si chiamano fra loro gli operai, non più compagni –, l’enormità della tragedia gli si manifesta con un brusco risveglio.
Conclude il quaderno un testo di Giorgio Cremaschi, segretario della FIOM.

L'autore
Pizzingrilli Massimo
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