Una cava di marmo abbandonata su una montagna piemontese e una fontana monumentale nella piazza più importante dell’Avana: due soggetti lontanissimi nello spazio e apparentemente senza nulla in comune, ma invece legati dalla sottile trama di vicende ormai cadute nell’oblio.
I fatti salienti rimontano agli anni 1834-1836. Intrighi e maneggi occulti costellano la storia della concessione delle cave di Rocca Bianca e Rocca Corba in val Germanasca, da cui debbono al più presto venire i marmi per la nuova sala da ballo del Palazzo Reale di Torino. La committenza della Fuente de la India e la collocazione dell’opera in un ritaglio di suolo accuratamente scelto portano all’acme lo scontro di potere tra il capitano generale Tacón e il conte di Villanueva, entrambi funzionari statali della colonia, ma anche alfieri di due partiti contrapposti, quello dei mercanti-negrieri spagnoli e quello dei latifondisti creoli. Cave e committenza toccheranno infine al genovese Giuseppe Gaggini (1791-1867), artista e imprenditore del marmo, ultimo di una discendenza di scultori rinomati.
Cristiano Berti (Torino, 1967) è un artista visivo che utilizza principalmente fotografia, video e installazioni per proporre opere in cui l’apparenza formale si rivela il mero involucro di una materia complessa e contraddittoria. Ha tenuto mostre in Italia e all’estero. Insegna all’Accademia di Belle Arti di Macerata. Questo saggio su Gaggini, condotto con rigore scientifico sulla base di un’imponente mole di fonti documentarie, forma anch’esso un’opera dell’artista, ed è il primo di una serie, Cicli futili, in cui egli veste i panni dello storico. La componente visiva del lavoro è stata presentata nell’omonima mostra tenuta nel 2015 al Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce di Genova.