Nel corso del loro sviluppo storico, tanto l’architettura quanto la musica hanno avuto costantemente bisogno di definire dei
principi tipologici e formali, desunti dall’osservazione di esempi già realizzati, per avere un valido criterio di supporto alla progettazione e alla composizione. In queste due discipline, dunque, è sempre possibile individuare i criteri costruttivi ricorrenti sulla base dei quali le note, i volumi o le forme acquisiscono determinate strutture, storicamente fondate su presupposti di ordine logico e geometrico. Persino nel Moderno, infatti, che pure rappresentò un momento di rottura totale con i sistemi precedenti, è possibile cogliere dei ritmi di fondo, generatori della produzione artistica.
Secondo Daniel Libeskind, «il rapporto tra musica e architettura è probabilmente il più profondo, perché è il più complicato
da immaginare. E proprio perché è complicato da immaginare molta gente pensa che non esista o che esista unicamente in senso concettuale». Il volume intende appunto approfondire ed aggiornare la riflessione sull’analogia fra composizione musicale e
architettonica. Come scrive Stefano Catucci nella prefazione, «è proprio relativamente al significato che la parola “composizione” assume in quei due campi, e in rapporto alle attività in cui prende forma nell’uno e nell’altro che lo studio di Romagni offre un contributo legato al senso esplicativo, paradigmatico dell’analogia».
Ludovico Romagni è ricercatore in Progettazione architettonica presso la Scuola di Architettura e Design UNICAM di Ascoli Piceno. Tra i suoi saggi pubblicati ricordiamo Dettagli territoriali (con E. Corradi), Sala, Pescara 2003, Case s-composte (con U. Cao), Kappa, Roma 2005, Lo stadio nella città, Alinea, Firenze 2010, Scheletri, riciclo di strutture incompiute (con U. Cao), Aracne, Roma 2016. Per Quodlibet ha pubblicato: Utopia e teoria. Dalle neoavanguardie alla contemporaneità (con A.R. Emili, 2016); Alterazioni. Osservazioni sul conflitto tra antico e nuovo (con E. Petrucci, 2018).