«Abitualmente, il design è destinato
a rassicurarci, a confortarci, e non a
destabilizzarci. Ma esiste anche un design
degli oggetti esigenti, che non ci lasciano
tranquilli, che ci pongono delle domande».
Robert Stadler
«“È impossibile definire il design”. Sempre più spesso
ci imbattiamo in questa affermazione, da parte di
critici e storici del design. Un vezzo? o l’ammissione di
un’impossibilità reale – di identificare e delimitare le
frontiere di un fenomeno troppo esteso o sfuggente.
Come se non si trattasse più di una disciplina all’interno
di un sistema delle arti, di un settore professionale
e produttivo all’interno di un sistema economico, di
un campo di tecniche, concetti, pratiche e tradizioni
all’interno di un orizzonte culturale, ma al contrario di
una nozione a cui si presta una forma di universalità: il
design è tutte queste cose, e molto di più». È dunque,
strategicamente, attraverso una serie di conversazioni
che Emanuele Quinz ci offre in questo volume un’analisi
comparata di questa disciplina in costante mutamento.
L’autore si avvale della propria formazione storica per
penetrare nei processi creativi indissolubilmente legati
all’arte, e quindi non vincolati a finalità strettamente
funzionali. Paradossalmente, infatti, molta parte del
design recente nasce contro l’idea del design come
produzione ad infinitum di oggetti commerciali, a partire
dalla decisiva mostra Italy: The New Domestic Landscape,
tenutasi al MoMA di New York nel 1972, che portò alla
ribalta la cosiddetta architettura radicale italiana.
Le personalità qui interpellate costituiscono dunque
uno spaccato generazionale che va dai pionieri del
«controdesign» di allora, come Ugo La Pietra e Gianni
Pettena, ai rappresentanti del design concettuale
olandese e del Critical Design degli anni Novanta,
fino ad alcuni fra i principali autori dell’odierna scena
internazionale, come Martino Gamper, i fratelli
Bouroullec o Matali Crasset.
Il quadro che viene così a comporsi fa chiarezza sulla
natura del design del XXI secolo, senza rinunciare a
sottolineare non solo la pluralità delle posizioni, ma anche
la trasmigrazione delle idee resa possibile dallo status
peculiare di questa materia felicemente intermedia
fra arte e industria che si avvia a essere sempre più
determinante anche per le sorti dell’architettura e
dell’urbanistica del nostro tempo.
Vincitore del XXVII Compasso d’oro ADI - 2022
Emanuele Quinz (Bolzano, 1973) è storico dell’arte e curatore. Professore associato all’Université Paris 8 e ricercatore associato all’EnsadLab (École nationale supérieure des Arts Décoratifs), le sue ricerche esplorano le zone di frontiera tra le diverse discipline artistiche. Ha pubblicato Il cerchio invisibile. Ambienti, sistemi, dispositivi (Mimesis, 2014; Les presses du réel, 2017), Strange Design (con Jehanne Dautrey, It: éditions, 2014), Behavioral Objects (con Samuel Bianchini, Sternberg Press, 2017). Collabora regolarmente con centri d’arte e istituzioni internazionali come il Centre Pompidou, il Centre Pompidou-Metz e l’Uqàm di Montréal. Come curatore ha diretto diversi progetti di ricerca ed esposizioni internazionali, tra cui Invisibile (Siena, 2004), Dysfashional (con Luca Marchetti, Lussemburgo, Losanna, Parigi, Berlino, Mosca, Giacarta, 2007-2011) e Basic Instincts (con Luca Marchetti, Berlino, Arnhem, Shenzhen, 2011-2012).