«La distanza peculiare o specifica del punto di vista
su cui si cristallizza la tipica immagine di “paesaggio”
costituisce un esempio di fenomeno-soglia o di condizione liminare. È un momento di passaggio, pieno di
energia, desiderio e contraddizione, che si è da tempo consolidato come emblema, l’emblema di un “momento decisivo” di visione o di esperienza e, naturalmente, anche di relazione sociale».
Jeff Wall
La fotografia di paesaggio sta vivendo un momento di grande dinamismo, sia autoriale che istituzionale, tanto da essere diventata un essenziale strumento conoscitivo della pianificazione territoriale. Il seminario internazionale da cui nasce questo libro (
PhotoPaysage. Ce que la photographie fait au paysage, Venezia, giugno 2016) si proponeva di studiare la genesi di alcuni paesaggi fotografati, italiani e francesi, e di analizzarne i processi materiali e fotografici di costruzione, indagando così un’area d’interesse liminare a molte discipline: filosofia e storia, fotografia, paesaggio, architettura e urbanistica.
Quali sono le mutue interferenze tra controllo istituzionale e lavoro autoriale, e, più in generale, le conseguenze del diffondersi della modernità fotografica in un’area fortemente segnata dalla rappresentazione pittorica? La storia del paesaggio italiano differisce, come è noto, da quella del paesaggio francese, meno costruito e più naturale, ma non è sulla diversità che il presente studio si concentra, quanto piuttosto sullo sviluppo congiunto di una “filosofia materiale” del
paesaggio che non può più ignorare le pratiche di rappresentazione sulle quali, pur tacitamente, riflette.