In appendice la recensione critica di Max Brod: Assassinio di un fantoccio chiamato Franz Kafka, la replica di Anders e la controreplica di Brod (1952)
A cura di Barnaba Maj
Traduzioni di Paola Gnani e Stefania Dalena
Fin dal primo nucleo di questo libro, la conferenza Teologia senza Dio che Anders tenne da esule a Parigi nel 1934, la maggiore preoccupazione dell’autore è di mettere in guardia davanti al fenomeno Kafka, presentendo che questi (sconosciuto a tutti i convenuti, tranne Walter Benjamin e Hannah Arendt) era destinato a divenire uno dei paradigmi della letteratura e dell’immaginario del Novecento, e che quindi sarebbe ben presto sfuggito alla ridotta gittata delle armi tradizionali della critica letteraria. E in effetti, già alla sua uscita nel 1951, Kafka. Pro e contro appare come un atto di lesa maestà, e lo stesso Max Brod, responsabile materiale della trasmissione ai posteri di buona parte dell’opera kafkiana, lo critica aspramente, provocando una polemica che qui per la prima volta è accessibile al lettore italiano.
Anders è consapevole dell’incriticabilità del suo obiettivo: «Già Kierkegaard ha formulato in modo definitivo che la domanda: “Cosa è inderogabile in uno scrittore?” sembra essere scorretta, contro la pienezza del talento o della genialità. Ebbene appare scorretta perché è seria. Nel mio saggio, mi sono addossato l’onta di questa scorrettezza…» E per Anders, ad esempio, inderogabile è combattere alcuni germi disseminati nell’opera kafkiana, che aprono la strada a letture estetizzanti o pseudoreligiose e a volte persino legittimano, consapevolmente o no, la sorte del popolo ebraico nel secolo passato.
Sta al lettore odierno giudicare se il vigore polemico di Anders – che tra l’altro si mostra in grado di profondersi in analisi di una raffinatezza esemplare – colga o meno nel segno. La prospettiva «scorretta» e politica di questo scritto, oltre ad aiutarci a ripensare i compiti ormai annacquati della critica, manterrà comunque il merito di farci riconsiderare quelle lacerazioni risalenti all’età dei totalitarismi che a volte ci si illude siano sanate.
Günther Anders (pseudonimo di Günther Stern) nacque a Breslavia nel 1902. Studiò filosofia con Heidegger e Husserl. Per ragioni razziali emigrò nel 1933 dapprima a Parigi e poi negli Stati Uniti. Nuovamente in Europa dal 1950 si stabilì a Vienna e fu tra i promotori del movimento internazionale contro la bomba atomica e tra gli oppositori alla guerra in Vietnam. Morì il 17 dicembre del 1992. Tra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo: L’uomo è antiquato. I. Considerazioni sull’anima dell’era della seconda rivoluzione industriale (Il Saggiatore, 1963; Bollati Boringhieri, 2003), L’uomo è antiquato. II. Sulla distruzione della vita (Bollati Boringhieri, 2003), La coscienza al bando (carteggio con il pilota di Hiroshima Claude Eatherly, Einaudi, 1962; Linea d’ombra, 1992), Noi, figli di Eichmann (lettera aperta a Klaus Eichmann, figlio di Adolf Eichmann, La Giuntina, 1995).