La storia di Civita di Bagnoregio pulsa nel movimento inesorabile del
divenire e della metamorfosi. È la natura della sua terra martoriata: crolli
e ricostruzioni, abbandoni e ripopolamenti, legami vitali che si strappano
e nuove relazioni che si annodano. Quando la resa sembra inevitabile, il
borgo trova ogni volta un nuovo respiro. Una nuova capacità di abitare.
Civita si offre, dunque, come luogo del tempo circolare: un tempo in
cui la morte prelude a una periodica rifondazione dell’esistente. È questa concezione ciclica che consente alla terra civitonica di significare la morte. A farne compagna di strada. In fondo, la storia di Civita è sempre
stata la capacità di trasformare la morte in un luogo abitato.
Ma la storia conosce lacerazioni improvvise. Oggi che, nel borgo, la
mercificazione ha fagocitato ogni ambito del vivere, la morte si è spogliata della sua sacralità per ridursi a icona spettacolarizzata. In questa nuova tragica frontiera dell’irrimediabile, Civita ha espulso la vita e la
sua capacità di rigenerazione. Quell’abitare, un tempo cucito saldamente
alla terra, si sta sfaldando nell’assenza di azioni capaci di gettare avanti,
nel futuro, l’esistente.
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Giovanni Attili è professore associato di Urbanistica presso la Sapienza Università di Roma, dove insegna Sviluppo sostenibile e Analisi dei sistemi urbani e territoriali. È da anni impegnato in ricerche legate all’analisi urbana e in sperimentazioni di processi progettuali capaci di favorire lo sviluppo del legame sociale con l’apprendimento e lo scambio del sapere. Tra le sue pubblicazioni: Rappresentare la città dei migranti (Jaca Book, Milano 2008), Il pianeta degli urbanisti (con Enzo Scandurra, DeriveApprodi, Roma 2013), Where Strangers Become Neighbours (con Leonie Sandercock, Springer, Dordrecht 2009), Multimedia Explorations in Urban Policy and Planning (con Leonie Sandercock, Springer, Dordrecht 2010).