«Be’, ma i racconti miei, si sa, son presi dalla
vita, ed è tutta sacrosanta verità.»
Raccolta di racconti comico-umoristici
di un maestro della forma breve, Michail
Zoščenko, che nel corso degli anni Venti,
subito dopo la Rivoluzione russa, ha goduto
di grande notorietà, descrivendo in modo
irriverente e dissacrante i cambiamenti
della nuova società sovietica, con i suoi
personaggi tipici, gli avanzi di principi e
signore aristocratiche, le belle ragazze che
restano belle ragazze con relative vicende
sentimentali, nonché i pochi quattrini, una
realtà vasta di furti e piccole truffe, i
capicaseggiato e il diffuso timore delle
denunce, i mendicanti burocratizzati, e
tante altre situazioni anche deplorevoli
e assurde, nel grande terremoto che ha
rivoltato ogni cosa. I racconti, in genere
usciti su riviste dell’epoca, vanno dai primi
anni Venti fino alla metà dei Quaranta,
quando Zoščenko è costretto al silenzio dal
potere sovietico.
La scelta dei testi, finora inediti in italiano,
è di Sergio Pescatori (1941-2015) cui si deve
anche la traduzione particolarmente vivace e
aderente alla forma parlata originale; un suo
ampio e istruttivo saggio traccia il profilo
dello scrittore.
E. C.
Michail Zoščenko (1894-1958) partecipa alla Prima guerra mondiale e nel 1919 entra nell’Armata Rossa, ma per i postumi del gas è presto congedato. Incomincia a scrivere parodie, critiche e racconti sentimentali che lo rendono molto popolare. Nel 1928 protesta per le misure contro gli scrittori umoristici. Nel 1934 entra nella direzione dell’Unione Scrittori, mentre attorno a lui continuano gli arresti politici. Dal 1943 comincia la sua caduta in disgrazia; le sue opere sono considerate politicamente dannose e lui calunniatore del popolo sovietico. Verrà escluso dall’Unione Scrittori. Dal 1956, con Chruščëv, gli è permessa qualche pubblicazione e ottiene una pensione, di cui gode per poco. Muore il 22 luglio 1958.