«La città non esiste più. Poiché l’idea di
città è stata stravolta e ampliata come mai
nel passato, ogni tipo di insistenza su una
sua condizione primigenia – in termini
visivi, normativi, costruttivi – ha come esito
inevitabile, complice la nostalgia, quello
dell’irrilevanza».
Atlanta, Singapore, Dubai, Parigi, Lilla, Berlino, Tokyo,
New York, Rotterdam, Mosca o ancora Londra: con
il suo sviluppo disomogeneo e smodato, con la sua
urbanistica apparentemente anarchica, la metropoli
contemporanea disturba e mette in discussione i nostri
valori più profondi, o almeno quelli più sentimentali.
Come sono arrivati architetti, culture (europea,
americana, asiatica), regimi politici, completamente
diversi tra loro, a configurazioni tanto simili? E perché
«il trionfo della città è coinciso proprio con il venir
meno della riflessione su di essa»? Attraverso temi
solitamente trascurati dagli architetti – la «tabula
rasa», il «junkspace» o la congestione –, Rem Koolhaas
ha studiato a lungo la (non più) città, in quanto spazio
obbligato per la riflessione architettonica. Questo libro
raccoglie dunque per la prima volta una serie di testi
– quasi tutti inediti in italiano – che sono altrettante
meditazioni sulla natura della città contemporanea e
sulla sua «sostanza urbana» radicalmente mutata nel
corso degli ultimi decenni.
Suddivisi in sezioni tematiche (A definizioni, B testi
autobiografici, C ritratti di città, D sguardi verso il
futuro), gli scritti di Koolhaas si inscrivono nel solco
speculativo e stilistico delle Immagini di città di Walter
Benjamin: un repertorio di «figure di pensiero» che,
abolendo le barriere convenzionali tra architettura,
filosofia e giornalismo, danno corpo a una personale
scomposizione e ricomposizione dei frammenti del
presente senza alcun pregiudizio ideologico o estetico.
Rem Koolhaas (Rotterdam, 1944) si forma come giornalista e sceneggiatore cinematografico in Olanda; dalla fine degli anni Sessanta studia architettura, prima a Londra e poi a New York. Nel 1975 fonda con altri l’Office for Metropolitan Architecture (OMA), e da allora costruisce opere notissime fra cui la Casa da Música di Porto, la Biblioteca di Seattle, la sede della CCTV a Pechino e la Fondazione Prada di Milano. Nel 1995 ha dato vita alla struttura gemella AMO (Architecture Media Organization), un laboratorio di idee nato per indagare le possibilità dell’architettura come attività intellettuale oltre la costruzione. Nel 2000 ha ricevuto il Pritzker Prize e nel 2010 il Leone d’oro alla carriera della 12. Mostra Internazionale di Architettura La Biennale di Venezia, che ha poi diretto nel 2014. Fra le sue pubblicazioni ricordiamo: Delirious New York. Un manifesto retroattivo per Manhattan, a cura di Marco Biraghi (Electa, Milano 2002); con Bruce Mau, S,M,L,XL (The Monacelli Press, New York 1995); Elements of Architecture (Taschen, Köln 2018). Presso Quodlibet sono apparsi Junkspace. Per un ripensamento radicale dello spazio urbano, a cura di Gabriele Mastrigli (2006), Singapore Songlines. Ritratto di una metropoli Potemkin... o trent’anni di tabula rasa, a cura di Manfredo di Robilant (2010) e Testi sulla (non più) città a cura di Manuel Orazi (2021).