In questo saggio esemplare, Yan Thomas, uno dei massimi conoscitori
del diritto romano, mette in questione il primato giuridico della proprietà – definita come rapporto inderogabile tra pochi uomini proprietari e una immensa distesa di cose appropriabili – e propone una nuova
e sorprendente archeologia delle «cose».
Perché qualcosa come un mercato, uno spazio in cui le cose sono
scambiate contro un valore commerciale, potesse costituirsi, un gesto
giuridico e istituzionale originario doveva essersi già prodotto: si tratta
della santuarizzazione di un certo numero di cose qualificate come indisponibili. Le cose che non appartengono ad alcuno, sottratte al gioco
dello scambio, inibite a diventare merci, identificano un’area dell’indisponibilità (al commercio, alla proprietà e all’appropriazione) e sono
perciò destinate all’uso comune degli uomini. Parenti non troppo lontane degli oggi dibattutissimi «beni comuni», le cose indisponibili che
Yan Thomas isola offrono una nuova genealogia della proprietà e dello
scambio, fornendo una lezione magistrale sull’istituzione giuridica del
valore e su tutte quelle operazioni capaci di fare – o di non fare – di una
cosa una merce.
Questa nuova edizione di Il valore delle cose è accompagnata da un
breve, e rarissimo, frammento di «discorso sul metodo». In poche e fulminanti battute Yan Thomas ricapitola il suo singolarissimo modo di
operare e offre anche una delle più vertiginose difese e illustrazioni del
diritto come artificio.
Yan Thomas (1943-2008), storico del diritto romano, directeur d’études all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, è stato tra gli intellettuali più inclassificabili della sua generazione. Presso Quodlibet sono apparsi Il valore delle cose (2015), Fictio legis (2016) e L’istituzione della natura (con Jacques Chiffoleau, 2020).