Isabella Ducrot, in queste pagine, rievoca tre condizioni
fondamentali a cui ha voluto dare voce: l’essere donna,
l’infanzia, e – più importante di tutte – quella che chiama
«ignoranza». Sono tre esperienze di emarginazione, spesso
intrecciate nella nostra cultura, che vengono qui interrogate in una prospettiva personale. Mescolando riflessioni,
brevi racconti e memorie autobiografiche, Isabella Ducrot
vuole mostrare come lo stato di inconsapevolezza infantile, o la millenaria esclusione delle donne da ogni tipo di discorso culturale e sociale non siano soltanto esperienze di estraneità, di sofferta privazione della parola, ma possano
rappresentare anche una condizione inedita e privilegiata
di accesso alla parola. Se si vogliono intendere gli arcani
di un dogma teologico, sembra suggerire l’autrice, bisogna
essere capaci di sillabarlo come fosse una filastrocca, assaporandone l’insensatezza.
«Non c’è domani, non c’è domani», è sussurrato alla fine
di queste riflessioni. Proprio questa consapevolezza sembra schiudere, all’autrice, un’irresistibile felicità.
Isabella Ducrot nasce a Napoli e vive a Roma. È pittrice e scrittrice, e da anni si dedica allo studio dei tessuti. Le sue opere sono state esposte a Roma, Milano, Parigi, Berlino e New York. Tra i libri dedicati alla sua produzione artistica, ricordiamo Opere 1982-1985 (1985), Della densità del silenzio (1997) e Variazioni: ritratti d’autore di Isabella Ducrot (2008). Ha scritto inoltre La matassa primordiale (2008), Suonno (2012), con la prefazione di Raffaele La Capria, e la raccolta di racconti Fallaste Corazón (2012), con la prefazione di Erri de Luca.