Wittgenstein è il filosofo del Novecento: ha promosso il linguaggio al
centro del dibattito contemporaneo, ha combattuto senza tregua il mito
dell’interiorità, il lamento soddisfatto del «nessuno mi può capire». Ciò
non toglie, purtroppo, che sia un autore miope nei confronti di una dimensione fondamentale della vita umana: la storia. Quando è in gioco il tempo che non riguarda le ere geologiche o le categorie grammaticali, ma i
tumulti politici e la trasformazione del vivere comune Wittgenstein mostra
un deficit visivo di parecchie diottrie.
Tramite un’analisi testuale filologicamente rigorosa e la pubblicazione di
numerosi passi inediti, il libro discute i limiti di un pensatore decisivo. Per
evitare di costruire una filosofia che galleggi in un eterno presente, occorre approfondire quell’antidoto che Wittgenstein chiama «storia naturale».
Solo lavorando a una nozione anfibia che chiarisca il legame fra corpo e
linguaggio, biologia e istituzioni sarà possibile costruire un materialismo
all’altezza del XXI secolo.
Marco Mazzeo (Roma 1973) insegna filosofia del linguaggio all’università della Calabria. È tra i fondatori della rivista «Forme di vita», collabora alle pagine culturali del quotidiano «il manifesto». Tra le pubblicazioni recenti: Il bambino e l’operaio. Wittgenstein filosofo dell’uso (Quodlibet, 2016), Capitalismo linguistico e natura umana. Per una storia naturale (DeriveApprodi, 2019), Lo que es mío es tuyo. Magia y técnica en la época del contagio (Tercero incluido, 2020), Logica e tumulti. Wittgenstein filosofo della storia (Quodlibet, 2021).