«Questo libro è appunto parziale,
non esauriente e partigiano.
Non è un libro di storia, perché non
è allo studio di questa materia che nella
mia vita ho dedicato la maggior parte
del tempo di lavoro. È una raccolta di
osservazioni e opinioni di un testimone,
che vogliono comunicare al lettore
il senso della cultura architettonica
nel nostro paese nei quindici anni
dal dopoguerra al miracolo economico».
Il quindicennio della ricostruzione postbellica è
stato segnato tra tanti avvenimenti, dalla rinascita
dell'architettura e urbanistica italiane che, sebbene
avessero prosperato anche tra i due conflitti mondiali,
si arricchirono ulteriormente di nuove componenti e
varianti grazie a un più libero confronto con le esperienze
internazionali.
Il testo di Carlo Melograni, testimone diretto di
quegli avvenimenti, è quanto di più distante da uno
stile manualistico o storicistico: è infatti un saggio,
forse l'unica forma letteraria in grado di restituire quel
crogiuolo unico di esperienze architettoniche senza
precedenti, probabilmente irripetibili, del dopoguerra
italiano che ha prodotto modelli fondamentali per
l'edilizia sociale e industriale, la museografia,
le infrastrutture e il restauro.
Nel novero di tali esperienze vanno infatti annoverate
anche le corpose riflessioni critiche e i commenti
sollecitati e pubblicati dalle riviste di settore
(«Urbanistica» di Adriano Olivetti e Giovanni Astengo,
«Metron» e «L'architettura. Cronache e storia» di Bruno
Zevi, «La casa», «Zodiac» o la «Domus» di Gio Ponti e
la «Casabella-Continuità» di Ernesto Nathan Rogers),
nonché le polemiche culturali e politiche nella stampa
generalista.
Inoltre l'autore, nelle pieghe del suo discorso,
periodicamente porta in primo piano alcune figure –
che ha avuto modo di conoscere di persona grazie alle
numerosissime occasioni di confronto pubblico, oggi
ridottesi drasticamente –, donando così una serie
di ritratti dal vero dei principali architetti protagonisti
di quegli anni, da Franco Albini a Giovanni Michelucci,
da Luigi Moretti a Gino Valle, da Giancarlo De Carlo a
Carlo Aymonino, da Gio Ponti a Pier Luigi Nervi.
Il volume si chiude con una riflessione sulla condizione
attuale, distinguendo nettamente i concetti di
modernizzazione da quello di modernità che è «l’unità
nella diversità a cui esortava Gropius; unità di obiettivi
comuni da raggiungere, diversità di soluzioni proposte
da mettere a confronto. È la linea da seguire, anche
se presenta l'inquietudine delle incertezze, mentre la
modernizzazione ostenta sicurezza di sé. Dal confronto
tra esperienze diverse, però ugualmente rivolte a
perseguire obiettivi condivisi, si ricaveranno indicazioni
che sarà possibile dare per scontate e sottintese,
presupposti per formare una cultura progettuale comune
fra coloro che fanno il mestiere di costruire.
Al contrario dell’esibizionismo individuale, il lavoro
di paziente ricerca collettiva è tipico della modernità».
Carlo Melograni (Roma 1924-2021) è stato professore di Progettazione architettonica. Nel 2005 ha ricevuto da Carlo Azeglio Ciampi il Premio Presidente della Repubblica per l’Architettura; è stato accademico di San Luca. Nell’attività progettuale si è occupato di interventi pubblici per l’edilizia residenziale e per i servizi collettivi, in particolare scolastici (tra gli altri, il nucleo iniziale dei padiglioni della Fiera di Bologna e il liceo Ariosto a Ferrara). Oltre ad articoli e saggi in riviste e quotidiani come «Casabella», «Domus», «Spazio e società», «l’Unità», «la Repubblica», ricordiamo fra le sue pubblicazioni: Architettura italiana sotto il fascismo (Bollati Boringhieri, 2008) e Progettare per chi va in tram. Il mestiere dell'architetto (Quodlibet, 2020).