A cura e con un saggio di David Cayley
Prefazione di Charles Taylor
Edizione italiana a cura di Milka Ventura Avanzinelli
Questo volume presenta i materiali delle conversazioni di Ivan Illich
con David Cayley, negli anni 1997-1999. Nei suoi 22 capitoli,
altrettante voci della riflessione illiciana vengono sviscerate dapprima
nella forma monologante dell’autotestimonianza, poi in quella dialogica
dell’intervista. Ne deriva un resoconto completo e coraggioso anche di
ciò che Illich non ha mai trovato l’occasione o la forza di mettere per
iscritto, e che ora, sul limitare della vita, egli affida
all’amico-interlocutore alla stregua di proprio «testamento».
Gli
ormai storici contributi di questo autore straordinario alla critica
delle moderne istituzioni, si tratti della scuola o della sanità, del
libro o del sesso, acquistano così uno spessore nuovo, conferito loro
dalla lunga e coerente esperienza umana qui rievocata, così come da una
sottostante meditazione teologica, liturgica, ecclesiologica, in
precedenza mai emersa con tanta chiarezza. L’alienazione tecnica e
burocratica della vita, che costituisce secondo Illich la cifra di fondo
della nostra epoca, rivela qui le sue paradossali radici cristiane, in
quel processo di istituzionalizzazione della carità evangelica da cui
deriverebbero lo Stato moderno e la coscienza individuale, il dominio
tecno-scientifico sulla natura e la guerra planetaria contro la
sussistenza, lo smaterializzarsi dell’esperienza, della stessa
sensorialità umana e la sussunzione dei soggetti nel meccanismo dei
«sistemi».
E tuttavia, a questo desolato scenario di «perdita del
mondo e della carne», sovrasta la prospettiva di un imminente
disvelamento e ribaltamento: è la speranza «apocalittica» in un tempo al
di là del tempo, quei Fiumi a nord del futuro della poesia di Celan verso le cui «acque misteriose e rinfrescanti» la lezione di Illich è guida e segnavia.
Ivan Illich (1926-2002), prete cattolico che rinunciò all'esercizio pubblico del sacerdozio nel 1969, dopo le censure eccclesiastiche alla sua attività di opppositore dello «sviluppo», a suo avviso esportato nei paesi «terzi» come forma più raffinata e distruttiva di colonialismo, fu negli anni Settanta uno dei maestri della contestazione mondiale contro le società industriali, i loro stili di vita, le forme del consumo, gli apparati di servizi (Descolarizzare la società, Nemesi medica, La convivialità). Divenne in seguito un acuto studioso delle trasformazioni prodotte dallo sviluppo tecnologico nella percezione di sé e del mondo da parte di individui e collettività dell'epoca a noi contemporanea (Il genere e il sesso, Nello specchio del passato, Nella vigna del testo).