Il volume raccoglie, in edizione critica, il testo della lunga relazione che Ludwig Binswanger tenne a Zurigo, nel novembre 1932, in occasione dell’annuale assemblea della Società Svizzera di Psichiatria. Con originalità e finezza argomentativa, Binswanger si confronta qui con il problema dello spazio (e della spazialità in generale) secondo differenti prospettive. A partire da una sua caratterizzazione in senso naturalistico-scientifico come spazio orientato o spazio omogeneo fisico-geometrico, esso viene inquadrato alla luce della sua rilevanza clinico-neurofisiologica (in relazione ai disturbi della percezione spaziale in soggetti cerebrolesi) e soprattutto clinico-psicopatologica. Proprio in questo contesto, anche grazie alle suggestioni che gli arrivano dalle opere di filosofi e letterati come Goethe, Hölderlin, Novalis, Keller, Klages e Scheler (solo per citarne alcuni), ma anche dai pionieristici lavori di Eugène Minkowski ed Erwin Straus sullo spazio vissuto e sul movimento presenziale, Binswanger giunge a tematizzare, come una vera e propria categoria esistenziale, il concetto di spazio timico, inteso come uno spazio vissuto non omogeneo ma carico di qualità espressivo-situazionali e dotato di una sua specifica tonalità affettiva, le cui modificazioni patologiche sarebbero alla base dei deliri e delle manifestazioni psicotiche. L’ampio saggio introduttivo, il ricco apparato di note storico-critiche e il breve glossario proposti dal curatore permetteranno anche al lettore meno esperto di confrontarsi con un universo teorico profondamente attuale non solo a livello clinico-psicopatologico, ma anche filosofico-scientifico.
Ludwig Binswanger (1881-1966) è stato uno dei massimi rappresentanti della psichiatria fenomenologica del XX secolo. Allievo di Bleuler e Jung, ha inizialmente lavorato presso le Cliniche psichiatriche universitarie di Zurigo e Jena. Tra il 1911 e il 1956 ha diretto il Sanatorium Bellevue di Kreuzlingen (Svizzera), trasformandolo in un vero e proprio centro di iniziativa culturale (oltre che terapeutica) che ha visto il passaggio di svariate personalità del mondo filosofico e scientifico novecentesco. Influenzato tanto dalla psicoanalisi freudiana quanto dalla fenomenologia di Husserl e dall’analitica esistenziale di Heidegger, con la sua Daseinsanalyse ha tentato un nuovo approccio alla malattia mentale che pone al centro la specificità dell’uomo e il suo primato ontologico. Tra le sue opere: Sulla fuga delle idee (1933), Grundformen und Erkenntnis menschlichen Daseins (1942), la raccolta di casi clinici Schizophrenie (1957), Melanconia e mania (1960), Delirio (1965). Di Ludwig Binswanger Quodlibet ha pubblicato: Henrik Ibsen. La realizzazione di sé nell’arte (2008), Il sogno. Mutamenti nella concezione e interpretazione dai Greci al presente (2009).