Se è vero che «Landolfi traduttore felice di esserlo non lo fu mai», cosa
lo spinse a dedicarsi quasi per tutta la vita alla traduzione (dal russo,
dal tedesco e dal francese), mentre scriveva racconti, elzeviri, poesie,
diari e persino una tragedia in endecasillabi e qualche romanzo? Molti,
lui compreso, chiamerebbero in causa le necessità alimentari, visto che
chiedeva agli editori «astronomici esborsi» e licenziava le sue versioni
con estrema rapidità e nonchalance. Ma l’ipotesi di partenza del libro
è che ci sia qualcosa di più. La scrittura di traduzioni è intimamente
connessa alla scrittura in proprio: la ispira, la incalza, la ibrida, la contraddice. Il caso preso in esame è quello delle sue prime traduzioni dal
tedesco, ovvero alcune fiabe dei fratelli Grimm e il romanzo romantico
per eccellenza, lo Heinrich von Ofterdingen di Novalis. In parallelo
viene condotto un serrato confronto con le opere scritte negli stessi
anni: i racconti del Dialogo dei massimi sistemi (1937), il romanzo La
pietra lunare (1939) e la fiaba Il principe infelice (1943).
Alla fine di questo percorso, come immagine della polifonia che anima le due scritture landolfiane, il lettore troverà la misteriosa lotta
amorosa che si svolge in una notte di luna piena tra una capretta dei
monti Aurunci e Gurù, la portentosa donna-capra.
Alice Gardoncini è traduttrice dal tedesco e insegna all’Università di Udine. Ha lavorato come redattrice, pubblicato saggi e recensioni, e curato e tradotto un volume del teatro di Thomas Bernhard (Teatro VI, Einaudi 2021); si occupa di traduzione, storia dell’editoria del Novecento e didattica delle tecniche editoriali. Questo è il suo primo libro.