Nel 1984 Luigi Ghirri fotografa il Teatrino di Varano, appena costruito da Paolo Zermani vicino a Parma. Pochi giorni dopo Attilio Bertolucci lo visita e lo commenta. Nasce, intorno a quest’opera, un
intreccio di amicizie e consuetudini che coinvolge e lega tre generazioni e tre arti: poesia, fotografia e architettura, che possono, come
sottolinea l’autore, «essere occasioni di riattivazione di sensibilità capaci di instaurare rapporti dialettici con il paesaggio e con le cose che
ci circondano, permettendoci di abitare con più pienezza i luoghi».
Sullo sfondo dell’appartenenza alla vicenda dell’Emilia occidentale si
delinea la consapevolezza di una radice comune, condivisa con figure che da Wiligelmo e Benedetto Antelami fino a Giorgio Morandi, lungo i secoli, hanno plasmato questo «paesaggio d’anima» in un disegno riconoscibile.
Nel solco tracciato dal racconto di Roberto Longhi e ripreso da Francesco Arcangeli, all’interno di una riaperta «officina» emiliana – o forse sarebbe meglio dire italiana –, Bertolucci, Ghirri e Zermani, soffiando parole, imprimendo immagini e modellando lo spazio, sembrano respirare al ritmo di un antico e medesimo palpito, portando
avanti un lavoro collettivo che è lenta e umana riedificazione del carattere di una terra.
Edoardo Cresci è architetto e dottore di ricerca in Progettazione architettonica e urbana presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. Tra le sue pubblicazioni, si ricorda Fuochi blu. Le case al mare di Piero Bottoni (Diabasis, Parma 2020).