«Si può tuttavia affermare, in via generale, come nel corso del Novecento un’istanza comune attraversi in Italia le diverse posizioni che, anche da opposti campi, si pongono il problema di quale stile architettonico meglio interpreti e rappresenti uno stato moderno nato sui valori di una tradizione millenaria: questo stile non è altro che la sintesi di una diffusa qualità formale, risultato di un corrente buon livello edilizio possibile solo grazie alla serietà professionale dell’architetto. Lo stile è espressione di valori civili.»
Il volume presenta un’originale storia dell’architettura italiana del Novecento organizzata non secondo periodi storici o categorie stilistiche, bensì attraverso quattordici figure emblematiche di questa disciplina, rappresentative di linee di pensiero diverse che, una volta annodate, restituiscono un quadro variopinto, conseguenza della grande varietà di scuole regionali e di idee contrapposte. Le figure sono sia di estrazione provinciale (Gigiotti Zanini, Ettore Sottsass sr, Cesare Cattaneo, Gustavo Pulitzer Finali), sia attive in grandi centri (Giuseppe Terragni, Adalberto Libera, Ignazio Gardella, Federico Gorio, Luigi Figini e Gino Pollini, Luigi Cosenza, Gio Ponti), sia dei solitari (Lina Bo, Giancarlo De Carlo), sia dei grandi accentratori (Vittorio Gregotti). I saggi a loro dedicati però restituiscono i differenti contesti delle loro opere, contesti anzitutto intellettuali. È così che un tema di storia dell’architettura può sfociare parimenti nella storia della cultura in generale, come nota la curatrice Guia Baratelli, sottolineando in particolare il tema dell’«allografia» quindi del superamento di ogni individualismo. Del resto, come rimarca l’autore, essendo l’architettura anche «un’arte oramai indissolubilmente legata all’ingegneria, al calcolo, agli impianti, ai prodotti della tecnica, essa diviene opera collettiva, aperta agli apporti d’ogni genere e ai contributi d’ogni derivazione». La chiarezza stilistica di Giorgio Ciucci e la sua equanimità cosmopolita – agli antipodi della «storia scritta con il pugnale» di Bruno Zevi – sono dunque un prezioso resoconto per nulla manualistico perché procede attraverso biografie anziché per categorie: dopotutto, come suggeriva Eugenio Garin, «le idee camminano sempre sulle gambe degli uomini».
Giorgio Ciucci (Roma 1939) è stato chiamato a insegnare Storia dell’Architettura allo IUAV di Venezia da Manfredo Tafuri nel 1969; successivamente, dal 1996 al 2011 ha insegnato all’Università di Roma Tre dove ha fondato e diretto il Master Europeo in Storia dell’Architettura. È stato Visiting Professor al MIT di Boston, all’Institute for Architecture and Urban Studies (IAUS) di New York , alla Harvard University e all’ETH di Zurigo. Ha collaborato alle riviste «Oppositions» e «Casabella», ha inoltre curato mostre di architettura per la Triennale di Milano, per il MART di Trento e Rovereto, per il CISA Palladio e per l’Accademia Nazionale di San Luca, di cui è membro. Fra le sue pubblicazioni ricordiamo Gli architetti e il fascismo. Architettura e città 1922-1944 (Einaudi, 1989) e L’architettura italiana oggi. Racconto di una generazione (a cura di, Laterza, 1989).