«Tutti dicono che ho fantasia. E io rispondo che non l’ho. Non riesco a inventare un raccontino. E allora come mai tutti lo dicono? Che sia fantasia quei nessi spontanei tra le cose e le idee, tra persone e parole? Quello scoprire i fili che legano tutte le cose? Questo improvviso annodare, sì, ce l’ho. Ma è fantasia questa?»
«Il disastro vero lo fece il collegio. Su quello io sparerò»: promette così nel 1979 a un’amica Dolores Prato durante la stesura del suo secondo libro autobiografico, dedicato all’adolescenza passata, dal 1905 al 1911, nell’educandato annesso al monastero di Santa Chiara di Treia, retto da monache della Visitazione. La promessa diventa grande letteratura in questo libro trovato tra le carte dell’autrice. Con le movenze di un incantato automa, la voce narrante di Educandato tratteggia i molteplici aspetti della vita di collegio: misure igieniche (catture di capelli dentro forcine), luoghi (refettori e teatri dove si finge tanto di mangiare, quanto di recitare), crudeltà di educande e suore (trafittura di cervi volanti e farfalle, uccisione di gatte colpevoli d’aver figliato), momenti della giornata (ore d’aria in un giardino reso esotico da una rinsecchita palma). Impercettibilmente ma senza remissione («in un convento la morte può arrivare a colpi di spillo»), ogni singolo passo del testo mostra come persone di chiesa, studi e riti giornalieri, sotto l’apparenza di parole grammaticalmente corrette e di alti ideali – buona educazione e giusta devozione –, confermino privilegi di censo e di ceto, tolgano pasti e sonno, insinuando nel corpo adolescente, proprio nel momento della sua fioritura, il senso della vergogna, dell’inferiorità, del peccato.
Dolores Prato nasce a Roma il 10 aprile
1892 da padre ignoto e da Maria Prato,
all’epoca già vedova. Dal 1895 è a Treia,
affidata allo zio prete Zizì, di lì a poco
migrante a Buenos Aires, e alla zia
nubile Paolina. Istruita nelle scuole
comunali del paese, è in seguito
educanda presso il collegio annesso al
monastero di Santa Chiara, sempre a
Treia. Nel 1912 si trasferisce a Roma,
dove frequenta la facoltà di Magistero.
Dopo la laurea nel 1918 insegna a
Milano, in Toscana, nelle Marche; qui
viene sollevata dal ruolo per la sua
avversione al regime fascista. A
partire dagli anni Trenta vive
stabilmente nella Capitale e si occupa
in questo tempo di una ragazza amica,
afflitta da gravi problemi psichici.
Finita la guerra è reintegrata come
insegnante e collabora con alcune
testate, soprattutto «Paese Sera», con
articoli su Roma antica e moderna.
Partecipa a concorsi letterari e
giornalistici, vincendo per esempio nel
1965 lo «Stradanova» di Venezia con
Scottature. Nel 1980 pubblica per
Einaudi Giù la piazza non c’è nessuno,
dedicato all’infanzia trascorsa a Treia,
in una versione tagliata e ricomposta
da Natalia Ginzburg. Mentre pensa a
come dare alle stampe la versione
integrale del libro, avvia la
composizione del lavoro
sull’educandato, interrotta da
problemi di salute nel maggio del 1982.
Muore ad Anzio presso una clinica a
lunga degenza il 13 luglio 1983.
Di Dolores Prato Quodlibet ha
pubblicato Scottature (1996), Giù la
piazza non c’è nessuno (versione
integrale, 2009), Sogni (2010), Roma,
non altro (2022).