Le tracce del terribile ribelle si conservano ancora nelle regioni dove egli imperversò.
Nel suo stile asciutto e magistrale Puškin racconta la grande vicenda guerresca di Pugačëv, cosacco del Don che da umile soldato e vagabondo analfabeta si era dichiarato zar, diceva di essere il defunto Pietro III ancora in vita. E aveva attirato a sé diverse popolazioni asiatiche tra il Volga e gli Urali già malcontente e ribelli, cosacchi, tatari, baschiri, calmucchi, scontrandosi vittoriosamente con i distaccamenti russi, occupando una larga parte di territorio e marciando con loro verso Mosca per impossessarsi del suo preteso impero e spodestare Caterina II. La ribellione, iniziata nel 1773, finirà con la raccapricciante esecuzione del falso zar, il forsennato e disgraziato Pugačëv, il 10 gennaio 1775. Un racconto storico veritiero e incredibile, nei meravigliosi panorami dell’Asia tribale, delle sue sconfinate pianure e dei suoi grandiosi fiumi. Nella perfetta traduzione di Ettore Lo Gatto.
E. C.
Aleksandr Puškin (1799-1837) è il grande, grandissimo
poeta russo a partire dal quale, dalla cui lingua
semplice e vicina al parlato quotidiano, è nata la
meravigliosa letteratura russa, ancora oggi letta in
tutto il mondo e ammirata. La sua maggiore opera è
il romanzo in versi Eugenio Oneghin (1833, la miglior
traduzione italiana è di Lo Gatto, Quodlibet, 2008).
Oltre ai poemi (Il prigioniero del Caucaso, 1822, Il
cavaliere di bronzo, 1833 ecc.) e alle poesie, scrisse
racconti in parte parodici (I racconti di Belkin, 1831) e
romanzi storici (La figlia del capitano, 1836, Storia della
rivolta di Pugačëv, 1834).
Maritato con la bellissima, giovanissima e frivola
Natal’ja Gončarova nel 1831, Puškin muore nel 1837
nel duello alla pistola col bellimbusto francese
barone Georges D’Antès, sfidato per gelosia, e che
era, oggi sembra accertato, l’amante non tanto
segreto di Natal’ja.