A Roma, come in altre realtà metropolitane del Paese, l'immigrazione è tra gli elementi che più contribuiscono a ridefinire il paesaggio sia fisico che sociale nel quale viviamo. All'interno della "città formale" si va progressivamente costituendo una città nuova e provvisoria, che fatica a trovare una collocazione nell'universo stabile cui siamo tradizionalmente abituati.
Nel presente lavoro singoli studi di caso cercano di rendere ragione degli aspetti di criticità e di innovazione insiti nei processi di inserimento urbano della popolazione immigrata, nel farsi di quella città che si può definire "eventuale", proprio in considerazione della logica che soggiace alla sua costruzione come processo non preordinato: dalla vicenda di abitazione collettiva nei magazzini dismessi della Stazione Tiburtina, al riuso di un campo di calcio abbandonato nell'area del Colle Oppio; dalla trasformazione del Rione Esquilino, al mercato spontaneo del Terminal Anagnina, fino all'analisi dei luoghi di socialità della comunità ucraina nell'area di Piramide e nella zona degli ex-Mercati Generali.
Parallelamente una sezione fotografica, organizzata su quattro percorsi narrativi, rivela un paesaggio di ex-fabbriche e scuole occupate, di insediamenti spontanei ricavati negli interstizi urbani abbandonati o dimenticati, di bivacchi notturni agli ingressi delle mense e degli uffici pubblici, di incursioni nei centri di accoglienza della città.
Attraverso questi molteplici livelli di indagine si definisce una possibilità, circostanziata ed efficace, per comprendere il mondo quotidiano dell'immigrazione, tra percorsi positivi di inserimento e fenomeni di esclusione, esperienze di integrazione e occasioni più o meno dichiarate di conflitto.
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