Articolato in quattro capitoli (dedicati ai temi del sacrificio, della religione, dell’eros e della morale), il libro presenta al lettore, attraverso una puntuale ricognizione dei maggiori motivi della sua riflessione antropologica, il senso politico del discorso batailleano sull’uomo: senso pienamente riassunto dal verso dantesco per più farvi amici.
L’antropologia batailleana si mostra in effetti come la ripresa radicale della proposta hegeliana di dar conto e visione del lavoro del negativo. Ma nell’ottica di Bataille tale lavoro non avendo più lo scopo di edificare la figura umana, presenta dell’umano giusto quei punti di lacerazione attraverso i quali, sfigurando la sua “degna” figura, l’umano si lega in amicizia al “resto dell’accadere universale” (Freud) e si reinscrive così, in tutta la propria mortalità, nell’“infinito” accadere del mondo. Se si volesse esplicitare il fine della disumana antropologia di Bataille, non si potrebbe fare di meglio che citare questa sua perentoria dichiarazione: “In ogni vita, incessantemente, c’è una posta in gioco che non è la vita (quella vita che la morte minaccia e il dolore abbatte), che non è neanche la felicità, ma il possesso di una grazia senza la quale non valgono né la vita né la felicità”.
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Felice Ciro Papparo (Napoli, 1954) insegna Filosofia morale al Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università “Federico II”. Tra le sue ultime pubblicazioni si possono ricordare: (in collaborazione con B. Moroncini), Diffrazioni (due): la psicoanalisi tra Kultur e civilizzazione (Napoli 2018); De l’impossible à l’irréductible. Pour une discipline de la singularité, in Georges Bataille. Des mots pour l’impossible (a cura di Chiara di Marco) (Milano-Udine 2018); Lo strazio e l’accoglienza. La violenta lettura henryana di Nietzsche, in AZIMUTH Philosophical Coordinates in Modern and Contemporary Age VI (2018); sciogliere-legare. Esercizi di soggettivazione (Napoli 2015).