A cura di Marianna Marrucci e Valentina Tinacci
Introduzione di Romano Luperini
A Un giorno o l’altro Franco Fortini ha lavorato per oltre un quindicennio, selezionando, riscrivendo, intrecciando e commentando i suoi interventi privati e pubblici, editi e inediti, dal ’45 agli anni ’80. Nel ’94 la morte gli impedì di portare a compimento il progetto, che era ormai in una fase avanzata.
Opera incompiuta e unica nel suo genere, Un giorno o l’altro è un’officina aperta, un «diario in pubblico» e una calibrata biografia intellettuale. Condivide le stesse tensioni, etiche e stilistiche, e la medesima vocazione utopica di tutto Fortini, ripercorrendo l’itinerario che ha fatto di lui uno dei maggiori intellettuali del Novecento. Lettere, appunti di diario, riflessioni sul presente e sul passato, frammenti autobiografici, polemiche ad personam e controversie ideologiche; il dopoguerra e la guerra fredda, la Cina e la Russia, lo stalinismo e il conformismo degli intellettuali, l’Ungheria e il ’56, Praga e il ’68; gli amici e gli interlocutori di una vita, da Sereni a Vittorini, da Pasolini a Calvino, Cases, Pasternak, Montale, Rossanda, Panzieri.
Frammentario e magmatico, spesso aspro e sempre controcorrente nel dibattito ideologico della sua epoca, scritto «nell’informe gergo del giornalismo, dell’immediatezza epistolare o dell’appunto di diario», autobiografico più di quanto il suo autore fosse solito fare, il libro è tuttavia rigorosamente costruito a posteriori, come un mosaico in cui sono previste, oltre al gioco delle tonalità e dei rinvii tra i testi, anche le incrinature e i dislivelli che rompono le continuità e sbalzano le schegge temporali in un altro ordine rispetto a quello conforme a una visione lineare della Storia. Così le punte polemiche offerte con una «schiettezza che oltrepassa i limiti dell’ingiustizia», invece di disporsi in un privato e minuto archivio del risentimento, finiscono per condividere, tra anticipi e reinterpretazioni, il moto ampio e frontale dell’opera, che ha luogo a partire dal presente in vista di lettori che sappiano estrarre dal passato esempi, verità ed errori per nuove ipotesi di futuro.
Nato a Firenze nel 1917, Fortini ha vissuto in quella città gli anni giovanili, entrando in contatto sia con i protagonisti della stagione dell'Ermetismo, sia con gli intellettuali che prima della guerra hanno fatto la storia della cultura italiana, da Montale a Noventa e Vittorini.
Dopo aver partecipato alla Resistenza in Valdossola diventa redattore del «Politecnico», dal 1948 al 1953 lavora alla Olivetti, per la quale continua a collaborare come copywriter fino agli anni '60; scrive per riviste e quotidiani, tra cui «Officina», «Quaderni rossi», «il manifesto» e il «Corriere della Sera». Nel 1985 gli è stato conferito il Premio Montale - Guggenheim per la poesia. È morto a Milano nel novembre '94. La produzione di Fortini comprende la saggistica, la poesia, la narrativa, sceneggiature, traduzioni in versi ed in prosa dal francese e dal tedesco.
La sua opera poetica è raccolta in Fortini Fortini, Tutte le poesie (Oscar Mondadori, 2014); un’antologia degli scritti saggistici è in Saggi ed epigrammi (Mondadori, 2003). Nelle edizioni Quodlibet sono apparsi I cani del Sinai (2002, 2020), Un giorno o l’altro (2006), Lezioni sulla traduzione (2011), Dieci inverni. 1947-1957 (2018), Foglio di via e altri versi (edizione critica e commentata, 2018), oltre al catalogo ragionato della produzione pittorica e grafica Disegni Incisioni Dipinti (2001). Fortini ha tradotto Flaubert, Eluard, Doblin, Gide, Brecht, Proust, Goethe, Einstein, Queneau, Kafka.