A cura e con un saggio di Michele Gardini
Introduzione di Bianca Maria d'Ippolito
Henrik Ibsen. La realizzazione di sé nell'arte (1949), opera che Ludwig Binswanger (Kreuzlingen, 1881-1966) considerava tra i suoi contributi filosofici fondamentali, viene qui presentato per la prima volta in traduzione italiana. Psichiatra, filosofo e fondatore della Daseinsanalyse, Binswanger ha costruito un approccio teorico e terapeutico che mira a superare le rigidità scientistiche della psicoanalisi freudiana, filtrandola attraverso la fenomenologia di Husserl e il phatos esistenziale di Heidegger. In questo studio l'autore, intrecciando a doppio filo la chiarificazione dei principi fondamentali del proprio metodo e un confronto - incisivo, appassionato e mirabilmente documentato - con la tormentata figura umana e artistica di Henrik Ibsen, riesce a conferire alla prospettiva teorica da lui inagurata una nota di concretezza, plasticità ed elasticità concettuale che talora fa difetto alla sua principale e più ambiziosa opera filosofica, Grundformen, del 1942. Al centro dello studio binswangeriano sta un dramma tardo e oscuro di Ibsen, Il costruttore Solness (1892). L'analisi di questo testo dischiude tutto il dramma umano e cosmico di un «esserci» che è «nel mondo», aperto al gioco delle sue direzioni di senso, consegnato all'immaginario spaziale dell'ascesa e della caduta, e gettato nella propria angosciante libertà.
Nato a Kreuzlingen in Svizzera nel 1881, nel 1906 conclude gli studi universitari e inizia a lavorare come assistente medico nella clinica psichiatrica universitaria di Zurigo; qui consegue il dottorato sotto la guida di Carl Gustav Jung e grazie a lui intraprende una duratura amicizia con Freud, rafforzata da scambi epistolari di durata trentennale, ricchi di intimità ma anche di attriti critici dati da prospettive diverse sullo statuto scientifico della psicologia. Nel 1911 inizia a dirigere il sanatorio fondato dal padre: il “Bellevue Sanatorium”, che sotto la sua guida divenne uno dei centri di maggior fama in Europa per gli stimoli culturali e il dibattito che stimolò tra i vari studiosi del tempo: Husserl, Scheler, Heiddeger, Buber e Freud. Negli anni Venti inizia ad approfondire la fenomenologia di Husserl e la filosofia esistenziale di Heidegger che applicò allo studio e alla cura della malattia mentale. Le sue idee hanno tentato un nuovo approccio alla sofferenza psichica e proposto una forma di psicoterapia basata sulla comunicazione e l’incontro con il paziente schizofrenico osservato e curato con amorevole sensibilità durante lunghi anni di esercizio terapeutico. Morì nel suo luogo natale nel 1966.