A cura e con introduzione di Stefano Besoli
Con un saggio di Alessandro Salice
Se la morte non l’avesse còlto a soli trentaquattro anni sul fronte di guerra, Adolf Reinach (1883-1917) avrebbe forse ottenuto, per l’originalità della sua ricerca filosofica e per la chiarezza concettuale con cui l’aveva condotta, quel posto all’interno della filosofia del Novecento a cui sembrava predestinato, e che l’avrebbe collocato – accanto a Max Scheler e a Martin Heidegger – tra i più originali interpreti della fenomenologia. La sua produzione è già tuttavia sufficiente a collocarlo tra i maggiori esponenti del movimento fenomenologico.
Assistente di Husserl negli anni immediatamente precedenti alla Prima Guerra Mondiale, nonché co-editore dello «Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung», Reinach ha sviluppato con rigoroso metodo descrittivo i propri interessi in una molteplicità di ambiti, che spaziano dalla filosofia del diritto alla filosofia del linguaggio, fino a riguardare il dominio della gnoseologia, della logica e quello più propriamente ontologico. Egli è ritenuto altresì un anticipatore di alcune parti centrali della «teoria degli atti linguistici», tanto da apparire un filosofo analitico ante litteram.
Questo volume contiene tutti i principali saggi filosofici di Reinach. Fra i temi in gioco, la struttura del giudizio negativo, ove si contribuisce a definire il profilo ontologico dello «stato di cose», nozione-chiave nell’arco di riflessione che va da Husserl a Ludwig Wittgenstein; al contempo, nell’indicare una comprensione più adeguata della natura dei concetti, si sottolineano i limiti della dottrina inferenziale kantiana, corroborando inoltre la teoria fenomenologica dell’«a priori materiale» mediante le analisi sulle nozioni di necessità e relazione causale, così come vengono a delinearsi nel confronto con le tesi di Hume e Kant. Infine – oltre a condurre un’indagine in stile fenomenologico sull’atto di riflessione, nella sua duplice rilevanza etica e giuridica – Reinach espone i tratti eidetico-intuitivi della propria concezione della fenomenologia, mettendone in luce la distanza con il programma neokantiano e, segnatamente, con la psicologia di Natorp.
Adolf Reinach nasce a Mainz il 23 dicembre 1883. Inizia i suoi studi universitari a Monaco dove frequenta soprattutto corsi di giurisprudenza e di filosofia. Nella capitale bavarese partecipa al circolo di discussione di Theodor Lipps ed entra in contatto con le reazioni antipsicologiste maturate sulla scia delle argomentazioni di Edmund Husserl e delle sue Ricerche Logiche. Nel 1904 si addottora sotto la supervisione di Lipps con una tesi sul concetto di causa nel diritto penale e l’anno successivo trascorre un primo periodo di studi a Gottinga, stringendo uno stretto rapporto personale con Husserl. Il suo interesse per il fenomeno del giudizio confluisce in una tesi di abilitazione sull’essenza e la sistematica del giudizio che Reinach discute nel 1909 all’Università di Gottinga, acquisendo così il titolo di Privatdozent. Negli anni seguenti, si dedica prevalentemente all’insegnamento e all’attività di ricerca: il suo metodo e le sue posizioni filosofiche marcano indelebilmente la prima stagione fenomenologica. Muore nel 1917, sul fronte della Prima Guerra Mondiale.