«Che cosa fa uno quando si dice che fa dell’arte? Beh, fa sempre delle cose un po’ sgangherate, perché in questo campo se uno impara il mestiere, allora meglio che smetta». – E. C.
Com’è che uno si mette a dipingere o a scrivere? cosa spera da questo l’umanità? E l’arte? questa parola così pomposa che promette un pezzo di eternità; forse dovrebbe essere piuttosto un’umile cosa, una forma tra le tante di maniacalità. Forse. Questo libro tratta di tali questioni: di come possa essere un guaio far carriera nell’arte, e di come al contrario sia benefica la libera attività di fantasticazione; di come un buon romanzo cresca come cresce il pattume; se gli angeli potrebbero essere dei romanzieri (ma sembra di no), e da dove prendono i critici la loro autorità (non si sa); del perché l’incendio sia il destino degli zombi e dei libri; dell’uso dei numeri in letteratura; e poi il comico, che cosa sia, detto qui per la prima volta comicamente, come tutto il libro d’altronde, che sarebbe un serio trattato di filosofia se non fosse un trattato comico, e un modo inusuale di narrativa.
Ermanno Cavazzoni, nato a Reggio Emilia, vive a Bologna; è autore di romanzi e racconti: Il poema dei lunatici (1987), Vite brevi di idioti (1997), Gli scrittori inutili (2002), Morti fortunati (2002), Guida agli animali fantastici (2011), Il pensatore solitario, (2015); nelle edizioni Quodlibet Il limbo delle fantasticazioni (2009), La valle dei ladri (2014), Gli eremiti del deserto (2016); nelle edizioni La Nave di Teseo La galassia dei dementi (2018), Storie vere e verissime (2019) e La madre assassina (2020). È stato ideatore con Gianni Celati, Daniele Benati e altri della rivista «Il semplice» (1995 -1997); ha scritto di Luigi Pulci, Ludovico Ariosto, Franz Kafka e altri. Ha collaborato con Federico Fellini alla sceneggiatura di La voce della luna (1990), alla sceneggiatura di La vita come viaggio aziendale di Paolo Muran, del 2006, ed è regista di Vacanze al mare, 2014