A cura di Elena Frontaloni
Prefazione di Gabriele Pedullà
«Credo che oramai i miei sogni scritti superino di molto il centinaio. Non cominciai subito a scriverli, ne fissavo raramente qualcuno per qualche interesse speciale. A tentare di fissarli subito, appena desta, mi ci portò il rimpianto che ebbi per non avere scritto subito il sogno in cui avevo trovata la verità della morte; bastò che scambiassi poche parole con qualcuno, perché il sogno sfumasse lasciandomi solo la sensazione di una profondità che il mio pensiero non avrebbe mai raggiunta».
Sogni è un esperimento unico nel panorama della letteratura italiana del Novecento, per quantità di scrittura realizzata e ampiezza cronologica del progetto. Si tratta di un testo finora
inedito che comprende oltre duecentocinquanta trascrizioni di sogni raccolte da Dolores Prato tra il 1928 e il 198 (dall’avanzata maturità all’anno prima della morte): una maestosa Recherche notturna parallela a quella diurna, sperimentata in Giù la piazza non c’è nessuno, in cui l’autrice attraverso l’esperienza onirica tenta di riconquistare «tutti quei particolari che nel ricordo della vita non affiorano più».
Sul filo del peculiare modo di ricostruzione del ricordo che è il ricordo del sogno rivivono incontri e conflitti, conferme e spaesamenti, intermezzi farseschi e drammi repentini dove però l’elemento fantastico in genere tace, e viene piuttosto messa in scena una realtà spietata, più cruda di quella vissuta fuori dal sogno.
Così autobiografia e affabulazione, passato e presente, personaggi pubblici e uomini comuni s’incontrano in una specie di foro onirico, dentro il quale troviamo ad esempio la misteriosa zia Paolina uccisa da una monaca di Treia, Giuseppe Saragat incerto sulla moglie da prendere, Andrea Gaggero colpito con una nocciola da Mike Bongiorno, Stefano D’Arrigo padre di un immaginario Liuzzo. L’io che sogna si divincola dalla morsa dei corpi infetti della madrina e della superiora del collegio, discute con lo zio Domenico sulle strane geometrie dell’opera umana e della natura, rifiuta giovani ragazze donatrici di pietre preziose, s’immerge in una vasca colma di succo di pomodoro, dialoga con Giorgio Bassani sulla questione ebraica, valuta se metter mano al libro della sua vita o occuparsi di un imprecisato volume di poesie russe, salvo poi veder sparpagliati da una folata di vento gli appunti per l’uno e per l’altro lavoro.
Potenzialmente soggetto a sempre nuovi interventi di ampliamento, riuso, correzione, Sogni risulta infine essere una serie di pagine disposte sul crinale dove vita e sogno, sogno e scrittura del sogno, sfiorandosi o cozzando tra loro si traducono in sorprendenti fatti narrativi.
Dolores Prato nasce a Roma il 10 aprile
1892 da padre ignoto e da Maria Prato,
all’epoca già vedova. Dal 1895 è a Treia,
affidata allo zio prete Zizì, di lì a poco
migrante a Buenos Aires, e alla zia
nubile Paolina. Istruita nelle scuole
comunali del paese, è in seguito
educanda presso il collegio annesso al
monastero di Santa Chiara, sempre a
Treia. Nel 1912 si trasferisce a Roma,
dove frequenta la facoltà di Magistero.
Dopo la laurea nel 1918 insegna a
Milano, in Toscana, nelle Marche; qui
viene sollevata dal ruolo per la sua
avversione al regime fascista. A
partire dagli anni Trenta vive
stabilmente nella Capitale e si occupa
in questo tempo di una ragazza amica,
afflitta da gravi problemi psichici.
Finita la guerra è reintegrata come
insegnante e collabora con alcune
testate, soprattutto «Paese Sera», con
articoli su Roma antica e moderna.
Partecipa a concorsi letterari e
giornalistici, vincendo per esempio nel
1965 lo «Stradanova» di Venezia con
Scottature. Nel 1980 pubblica per
Einaudi Giù la piazza non c’è nessuno,
dedicato all’infanzia trascorsa a Treia,
in una versione tagliata e ricomposta
da Natalia Ginzburg. Mentre pensa a
come dare alle stampe la versione
integrale del libro, avvia la
composizione del lavoro
sull’educandato, interrotta da
problemi di salute nel maggio del 1982.
Muore ad Anzio presso una clinica a
lunga degenza il 13 luglio 1983.
Di Dolores Prato Quodlibet ha
pubblicato Scottature (1996), Giù la
piazza non c’è nessuno (versione
integrale, 2009), Sogni (2010), Roma,
non altro (2022).